Per quasi quarant'anni, sino all'avvento della recente grande recessione mondiale, il modello di sviluppo del Nordest è stato considerato dagli studiosi di tutto il mondo come una best practice di integrazione orizzontale produttiva: un idealtipo del modo flessibile di produzione, tipico della modernità radicale. Tuttavia, seguendo la prospettiva teorica secondo la quale ogni discontinuità crea nuove opportunità, ma anche conseguenze sociali ed effetti inattesi, è possibile osservare che, a fronte del successo economico, emergono alcune criticità che riguardano la vita quotidiana e le relazioni sociali nel Nordest. Si tratta di questioni di un certo rilievo che, tuttavia, non sono ancora state adeguatamente studiate e, forse, addirittura comprese.A parziale compensazione di questa lacuna e, correlativamente, alla carenza di dati conoscitivi specifici al riguardo, negli ultimi dieci-quindici anni è andato affermandosi all'attenzione del vasto pubblico un eterogeneo corpus di romanzi e film che hanno posto al centro della propria narrazione il Nordest con i suoi abitanti, le loro relazioni e le loro vicissitudini e con i paesaggi residenziali e industriali, entrambi (persone e luoghi) profondamente segnati dal modo di produzione degli ultimi anni. Nella loro diversità, queste produzioni scavano dentro il Nordest degli ultimi decenni e condividono numerosi tratti di una realtà sociale scivolata nel disagio esistenziale. Di fronte a queste testimonianze, si sarebbe portati a dire che, per il Nordest, uno dei principali effetti perversi del raggiunto benessere economico sia rappresentato dalla correlazione inversa tra il duro lavoro, il reddito e la felicità individuale. Tale effetto – questa la tesi che si intende qui sostenere – è percepibile mettendo al centro dell’attenzione la vita quotidiana delle persone, dissociandole, per una volta, dalla loro identità di imprenditori che, come una sorta di gabbia concettuale, ha condizionato buona parte dell’analisi sociale degli ultimi decenni.Per scrittori e registi le manifestazioni tangibili del malessere che attanaglia il Nordest sono rintracciabili nella perdita del senso di continuità esistenziale con le proprie tradizioni, nel dilagare dell'ansietà e nell'impoverimento delle relazioni interpersonali, nel ripiegamento nella sfera privata, nella banalità degli affetti, negli eccessi e nel mercimonio sessuale, nel dilagare del 'terziario internazionale' della malavita organizzata, attirata dall'El Dorado dell'arricchimento facile, del lavoro in nero e dall'usura. Tutti questi sintomi sono vissuti e rappresentati entro una scena sprofondata nella dispersione delle relazioni sociali e spaziali: un vasto sprawl esistenziale di autosegregazione punteggiato dagli onnipresenti dispositivi di sorveglianza. Tanta negatività necessita di essere compresa. Un modo per farlo è provare a comprendere come è nata e come si è modificata l’immagine ricorrente del Nordest nel tempo.

Veneto (in)felice : la distruzione letteraria del Nordest

Borelli, Guido
2016-01-01

Abstract

Per quasi quarant'anni, sino all'avvento della recente grande recessione mondiale, il modello di sviluppo del Nordest è stato considerato dagli studiosi di tutto il mondo come una best practice di integrazione orizzontale produttiva: un idealtipo del modo flessibile di produzione, tipico della modernità radicale. Tuttavia, seguendo la prospettiva teorica secondo la quale ogni discontinuità crea nuove opportunità, ma anche conseguenze sociali ed effetti inattesi, è possibile osservare che, a fronte del successo economico, emergono alcune criticità che riguardano la vita quotidiana e le relazioni sociali nel Nordest. Si tratta di questioni di un certo rilievo che, tuttavia, non sono ancora state adeguatamente studiate e, forse, addirittura comprese.A parziale compensazione di questa lacuna e, correlativamente, alla carenza di dati conoscitivi specifici al riguardo, negli ultimi dieci-quindici anni è andato affermandosi all'attenzione del vasto pubblico un eterogeneo corpus di romanzi e film che hanno posto al centro della propria narrazione il Nordest con i suoi abitanti, le loro relazioni e le loro vicissitudini e con i paesaggi residenziali e industriali, entrambi (persone e luoghi) profondamente segnati dal modo di produzione degli ultimi anni. Nella loro diversità, queste produzioni scavano dentro il Nordest degli ultimi decenni e condividono numerosi tratti di una realtà sociale scivolata nel disagio esistenziale. Di fronte a queste testimonianze, si sarebbe portati a dire che, per il Nordest, uno dei principali effetti perversi del raggiunto benessere economico sia rappresentato dalla correlazione inversa tra il duro lavoro, il reddito e la felicità individuale. Tale effetto – questa la tesi che si intende qui sostenere – è percepibile mettendo al centro dell’attenzione la vita quotidiana delle persone, dissociandole, per una volta, dalla loro identità di imprenditori che, come una sorta di gabbia concettuale, ha condizionato buona parte dell’analisi sociale degli ultimi decenni.Per scrittori e registi le manifestazioni tangibili del malessere che attanaglia il Nordest sono rintracciabili nella perdita del senso di continuità esistenziale con le proprie tradizioni, nel dilagare dell'ansietà e nell'impoverimento delle relazioni interpersonali, nel ripiegamento nella sfera privata, nella banalità degli affetti, negli eccessi e nel mercimonio sessuale, nel dilagare del 'terziario internazionale' della malavita organizzata, attirata dall'El Dorado dell'arricchimento facile, del lavoro in nero e dall'usura. Tutti questi sintomi sono vissuti e rappresentati entro una scena sprofondata nella dispersione delle relazioni sociali e spaziali: un vasto sprawl esistenziale di autosegregazione punteggiato dagli onnipresenti dispositivi di sorveglianza. Tanta negatività necessita di essere compresa. Un modo per farlo è provare a comprendere come è nata e come si è modificata l’immagine ricorrente del Nordest nel tempo.
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