ISulla scorta deli dati d'archivio, il saggio analizza le componenti culturali e proiettive sottese all'allestimento della Sala Toscana alla Biennale di Venezia del 1903, in una fase in cui la questione dell'identità linguistica nazionale, declinata attraverso gli idiomi locali, risulta ancora cruciale. L'obiettivo di metodo non è quindi tanto ricostruirne il palinsesto visivo, quanto decodificare le diverse anime e le aporie del dibattito artistico italiano, ancora diviso tra dimensione locale e primi confronti internazionali. In risposta alla potenziale concorrenza sulla scena espositiva italiana aperta dall'Esposizione di Torino del 1902, in quell'edizione la Biennale si rivolge per la prima volta alle arti decorative decidendo di connotare gli ambienti delle sale con “Mostre regionali d’arte pura e arte applicata”, allestite, con fregi e altre decorazioni, dai singoli comitati regionali. La regia generale appartiene come sempre al Segretario Generale Antonio Fradeletto, che sceglie gli interlocutori in base al proprio network di riferimento e alla visibilità sulla ribalta nazionale e internazionale. Nel caso della Toscana la scelta cade su Domenico Trentacoste, Francesco Gioli, Riccardo Mazzanti e su Vittorio Giustiniani, patron della ditta l'Arte della Ceramica. La “giovanissima Manifattura toscana”, cui si deve l'imponente fregio ceramico realizzato dai tre cugini Guido, Chino e Galileo Chini, dominerà l'ambiente con le inflessioni di un moderato "toscanismo", oscillante tra il recupero identitario della tradizione rinascimentale e l'appeal del linguaggio modernista.
1903 e dintorni
CASTELLANI, FRANCESCA
2017-01-01
Abstract
ISulla scorta deli dati d'archivio, il saggio analizza le componenti culturali e proiettive sottese all'allestimento della Sala Toscana alla Biennale di Venezia del 1903, in una fase in cui la questione dell'identità linguistica nazionale, declinata attraverso gli idiomi locali, risulta ancora cruciale. L'obiettivo di metodo non è quindi tanto ricostruirne il palinsesto visivo, quanto decodificare le diverse anime e le aporie del dibattito artistico italiano, ancora diviso tra dimensione locale e primi confronti internazionali. In risposta alla potenziale concorrenza sulla scena espositiva italiana aperta dall'Esposizione di Torino del 1902, in quell'edizione la Biennale si rivolge per la prima volta alle arti decorative decidendo di connotare gli ambienti delle sale con “Mostre regionali d’arte pura e arte applicata”, allestite, con fregi e altre decorazioni, dai singoli comitati regionali. La regia generale appartiene come sempre al Segretario Generale Antonio Fradeletto, che sceglie gli interlocutori in base al proprio network di riferimento e alla visibilità sulla ribalta nazionale e internazionale. Nel caso della Toscana la scelta cade su Domenico Trentacoste, Francesco Gioli, Riccardo Mazzanti e su Vittorio Giustiniani, patron della ditta l'Arte della Ceramica. La “giovanissima Manifattura toscana”, cui si deve l'imponente fregio ceramico realizzato dai tre cugini Guido, Chino e Galileo Chini, dominerà l'ambiente con le inflessioni di un moderato "toscanismo", oscillante tra il recupero identitario della tradizione rinascimentale e l'appeal del linguaggio modernista.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
estratto_Castellani.pdf
non disponibili
Descrizione: articolo principale
Tipologia:
Versione Editoriale
Licenza:
DRM non definito
Dimensione
1.83 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.83 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.