Le condizioni rispetto cui si è costruita la città moderna, come il XX secolo ce l'ha consegnata, stanno cambiando radicalmente. E se compito dell'urbanistica è, oggi come nel passato, contribuire a dare risposte alle preoccupazioni e alle aspirazioni che gli abitanti esprimono nei confronti del proprio ambiente di vita, allora occorre tornare a riflettere criticamente sui concetti posti a fondamento dell'agire urbanistico, per riformularli alla luce dei nuovi scenari urbani e territoriali. Del resto, le argomentazioni impiegate a sostegno delle scelte più recenti di pianificazione e progettazione, stanno chiamando sempre più spesso in causa temi poco o per nulla affrontati prima dalla disciplina; e in effetti, sono molteplici le sfide rispetto a cui sono chiamate a misurarsi, oggi, le città, evidentemente anche quelle italiane. Tra queste: la crescita delle disuguaglianze con l'emergere di nuove forme diffuse di povertà che interessano i ceti medi; la grave crisi economica e finanziaria che contrassegna la grande recessione in atto e che in particolare mette in difficoltà le forme tradizionali di democrazia locale; l'abnorme consumo di suolo cui corrisponde una sottoutilizzazione crescente del patrimonio abitativo esistente; la dispersione urbana che genera territori informi e anonimi; la crescente disparità nelle condizioni di mobilità e di accesso alle reti dei servizi sia materiali che immateriali; l'inquinamento, la scarsità di energia e le calamità naturali. A queste sfide d'interesse globale, corrisponde altrettanto spesso l'insorgere di rischi inediti, o piuttosto «insicurezze e casualità indotte e introdotte dalla modernità stessa» (Beck, 2000) che producono nuovi contesti per l'azione, costringendoci a ripensare paradigmi consolidati e a ricercare nuove modalità d'impostazione del piano e del progetto, in termini sia di contenuti, sia di processo (Angrilli, 2013).
La rigenerazione come occasione di sviluppo? Nuovi quesiti nello scenario del climate change
Magni Filippo
2013-01-01
Abstract
Le condizioni rispetto cui si è costruita la città moderna, come il XX secolo ce l'ha consegnata, stanno cambiando radicalmente. E se compito dell'urbanistica è, oggi come nel passato, contribuire a dare risposte alle preoccupazioni e alle aspirazioni che gli abitanti esprimono nei confronti del proprio ambiente di vita, allora occorre tornare a riflettere criticamente sui concetti posti a fondamento dell'agire urbanistico, per riformularli alla luce dei nuovi scenari urbani e territoriali. Del resto, le argomentazioni impiegate a sostegno delle scelte più recenti di pianificazione e progettazione, stanno chiamando sempre più spesso in causa temi poco o per nulla affrontati prima dalla disciplina; e in effetti, sono molteplici le sfide rispetto a cui sono chiamate a misurarsi, oggi, le città, evidentemente anche quelle italiane. Tra queste: la crescita delle disuguaglianze con l'emergere di nuove forme diffuse di povertà che interessano i ceti medi; la grave crisi economica e finanziaria che contrassegna la grande recessione in atto e che in particolare mette in difficoltà le forme tradizionali di democrazia locale; l'abnorme consumo di suolo cui corrisponde una sottoutilizzazione crescente del patrimonio abitativo esistente; la dispersione urbana che genera territori informi e anonimi; la crescente disparità nelle condizioni di mobilità e di accesso alle reti dei servizi sia materiali che immateriali; l'inquinamento, la scarsità di energia e le calamità naturali. A queste sfide d'interesse globale, corrisponde altrettanto spesso l'insorgere di rischi inediti, o piuttosto «insicurezze e casualità indotte e introdotte dalla modernità stessa» (Beck, 2000) che producono nuovi contesti per l'azione, costringendoci a ripensare paradigmi consolidati e a ricercare nuove modalità d'impostazione del piano e del progetto, in termini sia di contenuti, sia di processo (Angrilli, 2013).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.