L’articolo affronta la comparsa di strutture testuali complesse ottenute attraverso l’uso di disposizioni spaziali, non sequenziali e multistrato di unità grafiche pittografiche nella scrittura azteca. L’analisi di sistemi di scrittura non–trascrittivi e non–glottici può essere un campo di ricerca interessante per i progettisti che cercano soluzioni notazionali in grado di “trasporre” (nel senso di JAKOBSON 1959) contenuti in forme visive compatte, linguisticamente coerenti anche se articolati in uno spazio non lineare. Lo studio delle pittografie azteche, infatti, fornisce una solida base per ripensare la scrittura e la tipografia secondo un approccio non incentrato sul pregiudizio alfabetico. Possiamo meglio illustrare questo argomento da due punti di vista: la composizione di singoli “glifi” aztechi come “assemblaggi” non lineari e agglutinati di unità visive con una disposizione interna (entassi); la costruzione di strutture testuali più ampie attraverso l’uso convenzionale e semantico di una disposizione non sequenziale e spaziale di unità articolate (sinsemia). Dopo aver fornito un’analisi di esempi significativi del Codex Mendoza (f. 60r, f. 61r, f. 2r e f. 4v), li confronteremo con testi europei come il Fasciculus Temporum di Rolewinck e la Summa de virtutibus et vitiis di Perault. La nostra attenzione sarà appuntata sulle combinazioni grafiche di unità nello spazio che “compongono” alcuni glifi aztechi e altre strutture sinsemiche, ma anche sulla relazione tra notazione non lineare e testi lineari alfabetici (cioè glosse spagnole e nahuatl per il Codex Mendoza, testi latini insieme a cornici emblematiche pittoriche per gli altri). Tutti questi sono esempi efficaci e prodotti intenzionalmente di ciò che chiamiamo “scrivere senza trascrivere" parole (e frasi).

Framing space in Aztec writing : the Codex Mendoza as a model of transposition and beyond = Configurare lo spazio nella scrittura azteca : il Codice Mendoza come modello di trasposizione e oltre

Perondi, L.;
2018-01-01

Abstract

L’articolo affronta la comparsa di strutture testuali complesse ottenute attraverso l’uso di disposizioni spaziali, non sequenziali e multistrato di unità grafiche pittografiche nella scrittura azteca. L’analisi di sistemi di scrittura non–trascrittivi e non–glottici può essere un campo di ricerca interessante per i progettisti che cercano soluzioni notazionali in grado di “trasporre” (nel senso di JAKOBSON 1959) contenuti in forme visive compatte, linguisticamente coerenti anche se articolati in uno spazio non lineare. Lo studio delle pittografie azteche, infatti, fornisce una solida base per ripensare la scrittura e la tipografia secondo un approccio non incentrato sul pregiudizio alfabetico. Possiamo meglio illustrare questo argomento da due punti di vista: la composizione di singoli “glifi” aztechi come “assemblaggi” non lineari e agglutinati di unità visive con una disposizione interna (entassi); la costruzione di strutture testuali più ampie attraverso l’uso convenzionale e semantico di una disposizione non sequenziale e spaziale di unità articolate (sinsemia). Dopo aver fornito un’analisi di esempi significativi del Codex Mendoza (f. 60r, f. 61r, f. 2r e f. 4v), li confronteremo con testi europei come il Fasciculus Temporum di Rolewinck e la Summa de virtutibus et vitiis di Perault. La nostra attenzione sarà appuntata sulle combinazioni grafiche di unità nello spazio che “compongono” alcuni glifi aztechi e altre strutture sinsemiche, ma anche sulla relazione tra notazione non lineare e testi lineari alfabetici (cioè glosse spagnole e nahuatl per il Codex Mendoza, testi latini insieme a cornici emblematiche pittoriche per gli altri). Tutti questi sono esempi efficaci e prodotti intenzionalmente di ciò che chiamiamo “scrivere senza trascrivere" parole (e frasi).
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