La cultura nipponica antica (e forsanche attuale) è tradizionalista per definizione: nulla può esistere al mondo, nel senso più ampio del termine, se non ripete modelli antichi. Così, la forma, le proporzioni, le misure stesse di una stanza del tè, di un giardino buddhista, di un gesto teatrale o di una terzina poetica sono costruite con soggetti e secondo regole precise, codificate dai trattati e dalla consuetudine. Dopo la codificazione, in teoria, nessun mutamento, cioè nessuna innovazione, può essere possibile. Eppure le cose non sono andate e non vanno così: la stessa civiltà, le stesse opere offrono l’esempio di una creatività sfavillante e sottilmente raffinata. Si impone allora una domanda: se tutto nella cultura nipponica è prefissato dalla tradizione e l’artista – poeta, attore, architetto – è divenuto tale imparando a fare l’artista, come un artigiano che ha appreso un mestiere, allora l’intera produzione è condannata a rimanere un mero formalismo, spesso particolarmente sofisticato, ma freddo e ripetitivo? In altre parole: dove risiede l’originalità formale in cui indubbiamente gli artisti gareggiano? Il processo di animazione dello spazio artistico, tra elaborazione del passato e progettazione del futuro? Per rispondere la ricerca ha assunto come ambito temporale di riferimento il tema della ricostruzione della città, dalla Seconda Guerra Mondiale fino a oggi, e come ambito formale il rapporto fra “tradizione” e “innovazione”, tra “continuità” e “sperimentazione” nell’opera dell’architetto giapponese Kazuō Shinohara (1925-2006). Un lavoro, quello del “maestro” Shinohara, che è stato volto ad affermare l’importanza dello spazio domestico come forma specifica di riscoperta e ricostituzione del senso fondamentale dell’uomo; vale a dire la realizzazione della realtà unitaria della sua vita tra corpo, mente e psiche. Così l’architettura diviene una forma capace di racchiudere in sé un’energia vitale, uno spazio ove basta un riflesso per animare un intero scenario, per trasfigurare un insieme monotono e persino desolato in un balenare vivo e inatteso.

Machine à émouvoir. Kazuō Shinohara e i dispositivi dell’inatteso / Cesaro, Giorgia. - (2020 Jun 22). [10.25432/cesaro-giorgia_phd2020-06-22]

Machine à émouvoir. Kazuō Shinohara e i dispositivi dell’inatteso

CESARO, GIORGIA
2020-06-22

Abstract

La cultura nipponica antica (e forsanche attuale) è tradizionalista per definizione: nulla può esistere al mondo, nel senso più ampio del termine, se non ripete modelli antichi. Così, la forma, le proporzioni, le misure stesse di una stanza del tè, di un giardino buddhista, di un gesto teatrale o di una terzina poetica sono costruite con soggetti e secondo regole precise, codificate dai trattati e dalla consuetudine. Dopo la codificazione, in teoria, nessun mutamento, cioè nessuna innovazione, può essere possibile. Eppure le cose non sono andate e non vanno così: la stessa civiltà, le stesse opere offrono l’esempio di una creatività sfavillante e sottilmente raffinata. Si impone allora una domanda: se tutto nella cultura nipponica è prefissato dalla tradizione e l’artista – poeta, attore, architetto – è divenuto tale imparando a fare l’artista, come un artigiano che ha appreso un mestiere, allora l’intera produzione è condannata a rimanere un mero formalismo, spesso particolarmente sofisticato, ma freddo e ripetitivo? In altre parole: dove risiede l’originalità formale in cui indubbiamente gli artisti gareggiano? Il processo di animazione dello spazio artistico, tra elaborazione del passato e progettazione del futuro? Per rispondere la ricerca ha assunto come ambito temporale di riferimento il tema della ricostruzione della città, dalla Seconda Guerra Mondiale fino a oggi, e come ambito formale il rapporto fra “tradizione” e “innovazione”, tra “continuità” e “sperimentazione” nell’opera dell’architetto giapponese Kazuō Shinohara (1925-2006). Un lavoro, quello del “maestro” Shinohara, che è stato volto ad affermare l’importanza dello spazio domestico come forma specifica di riscoperta e ricostituzione del senso fondamentale dell’uomo; vale a dire la realizzazione della realtà unitaria della sua vita tra corpo, mente e psiche. Così l’architettura diviene una forma capace di racchiudere in sé un’energia vitale, uno spazio ove basta un riflesso per animare un intero scenario, per trasfigurare un insieme monotono e persino desolato in un balenare vivo e inatteso.
22-giu-2020
32
ARCHITETTURA, CITTA' E DESIGN
Machine à émouvoir. Kazuō Shinohara e i dispositivi dell’inatteso / Cesaro, Giorgia. - (2020 Jun 22). [10.25432/cesaro-giorgia_phd2020-06-22]
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Machine a? E?mouvoir.pdf

Open Access dal 23/12/2021

Descrizione: MACHINE À ÉMOUVOIR
Tipologia: Tesi di dottorato
Dimensione 70.31 MB
Formato Adobe PDF
70.31 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/286426
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact