Conferire un centro e un’identità alle sconfinate periferie che compongono oggi i vasti paesaggi antropogeografici di Roma è il principio più avanzato su cui si basa il disegno fortemente innovativo del nuovo Piano Regolatore della capitale. L’idea di riarmare il territorio con un sistema di polarità dotate di forti caratteri urbani, che concentrino integrandole, funzioni speciali, ordinarie e servizi a scala locale e territoriale, è la risposta che le amministrazioni Rutelli e Veltroni avevano elaborato insieme all’estensore originario del PRG, il Professor Giuseppe Campos Venuti, per riqualificare le periferie romane contrastandone la monofunzionalità residenziale. Questa strategia di ricostruzione multipolare del territorio comunale, sostenuta dall’idea di riconversione ferroviaria del sistema di trasporto pubblico, è rimasta però una sorta di nozione aperta, che chiede di essere interpretata. La traduzione di questo principio ha infatti visto nascere una serie di progetti; alcuni non sempre caratterizzati da un disegno urbano del tutto consapevole degli usi e dei significati delle stratificazioni dei contesti; altri traditi dall’incontenibile intreccio degli interessi politico-economici; oppure, irrimediabilmente impoveriti dai ripetuti “attentati” subiti dal nuovo PRG, soprattutto sui temi degli espropri (sostanzialmente irrealizzabili) che secondo alcuni dovevano essere estesi a politica urbana, e delle revisioni al ribasso degli indici edificatori che, nel caso delle centralità da pianificare, hanno spesso determinato un ridimensionamento del ruolo stesso di centri di funzioni d’eccellenza per la periferia indistinta, facendo per altro emergere un altro tema di fondo: rispetto alla densità prevista, piuttosto bassa, le infrastrutture assumono in molti casi un peso troppo rilevante per l’effettiva realizzabilità degli interventi. Tutto ciò ha determinato una congerie di esiti in gran parte parziali, che invece di stabilire una coerente geografia policentrica della nuova Roma, ne ha fino ad ora determinato uno scenario inaspettato e contraddittorio: una grande città interrotta. È in questo quadro frammentato che si inserisce, con premesse del tutto diverse, il progetto per la nuova centralità urbana di Acilia Madonnetta: alla provvisorietà dello sprawl metropolitano si contrappone il tema della permanenza come strategia della stabilità.

Centralità Acilia Madonnetta: antiche tracce per il futuro della periferia romana

Morpurgo G
2012-01-01

Abstract

Conferire un centro e un’identità alle sconfinate periferie che compongono oggi i vasti paesaggi antropogeografici di Roma è il principio più avanzato su cui si basa il disegno fortemente innovativo del nuovo Piano Regolatore della capitale. L’idea di riarmare il territorio con un sistema di polarità dotate di forti caratteri urbani, che concentrino integrandole, funzioni speciali, ordinarie e servizi a scala locale e territoriale, è la risposta che le amministrazioni Rutelli e Veltroni avevano elaborato insieme all’estensore originario del PRG, il Professor Giuseppe Campos Venuti, per riqualificare le periferie romane contrastandone la monofunzionalità residenziale. Questa strategia di ricostruzione multipolare del territorio comunale, sostenuta dall’idea di riconversione ferroviaria del sistema di trasporto pubblico, è rimasta però una sorta di nozione aperta, che chiede di essere interpretata. La traduzione di questo principio ha infatti visto nascere una serie di progetti; alcuni non sempre caratterizzati da un disegno urbano del tutto consapevole degli usi e dei significati delle stratificazioni dei contesti; altri traditi dall’incontenibile intreccio degli interessi politico-economici; oppure, irrimediabilmente impoveriti dai ripetuti “attentati” subiti dal nuovo PRG, soprattutto sui temi degli espropri (sostanzialmente irrealizzabili) che secondo alcuni dovevano essere estesi a politica urbana, e delle revisioni al ribasso degli indici edificatori che, nel caso delle centralità da pianificare, hanno spesso determinato un ridimensionamento del ruolo stesso di centri di funzioni d’eccellenza per la periferia indistinta, facendo per altro emergere un altro tema di fondo: rispetto alla densità prevista, piuttosto bassa, le infrastrutture assumono in molti casi un peso troppo rilevante per l’effettiva realizzabilità degli interventi. Tutto ciò ha determinato una congerie di esiti in gran parte parziali, che invece di stabilire una coerente geografia policentrica della nuova Roma, ne ha fino ad ora determinato uno scenario inaspettato e contraddittorio: una grande città interrotta. È in questo quadro frammentato che si inserisce, con premesse del tutto diverse, il progetto per la nuova centralità urbana di Acilia Madonnetta: alla provvisorietà dello sprawl metropolitano si contrappone il tema della permanenza come strategia della stabilità.
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