Da diversi mesi, un’immagine ossessiona la mia mente, e sembra aver trovato un locus privilegiato nella mia memoria, diurna e notturna, riproducendosi anche sotto forma di sogni lucidi. Si tratta di una illustrazione, tratta da un manuale di ottica1 del secolo scorso, in cui l’autore, William Bragg, propone un’ipotesi suggestiva, per quanto poco commentata in sede critica, secondo la quale la prima camera oscura nella storia del pianeta Terra si sarebbe configurata spontaneamente, in un periodo2 (il Carbonifero, dunque da 359,2 ± 2,5 a 299,0 ± 0,8 milioni di anni fa) in cui l’essere umano doveva ancora fare la sua comparsa3, ma in cui erano già apparse le piante e gli alberi come noi oggi li conosciamo. Secondo l’autore infatti, tre foglie lanceolate dal margine seghettato, nel sottobosco preistorico, si sarebbero naturalmente atteggiate a formare un piccolo foro archeo-stenopeico nel quale, sempre per caso, una goccia di rugiada o di pioggia si sarebbe fermata, in sospensione nel vuoto, creando una lente convessa d’acqua. Allora i raggi luminosi del Sole, o forse quelli ad esso succedanei della Luna, si sarebbero fatti largo tra le chiome di un fitto bosco primevo, raggiungendo la stilla che avrebbe proiettato l’immagine di uno dei due corpi celesti, ma anche delle stelle, sul terreno umido sottostante.

Nel bosco, una notte, all'origine delle immagini = In the Woods, One Night, at the Origin of Images

de rosa agostino
2020-01-01

Abstract

Da diversi mesi, un’immagine ossessiona la mia mente, e sembra aver trovato un locus privilegiato nella mia memoria, diurna e notturna, riproducendosi anche sotto forma di sogni lucidi. Si tratta di una illustrazione, tratta da un manuale di ottica1 del secolo scorso, in cui l’autore, William Bragg, propone un’ipotesi suggestiva, per quanto poco commentata in sede critica, secondo la quale la prima camera oscura nella storia del pianeta Terra si sarebbe configurata spontaneamente, in un periodo2 (il Carbonifero, dunque da 359,2 ± 2,5 a 299,0 ± 0,8 milioni di anni fa) in cui l’essere umano doveva ancora fare la sua comparsa3, ma in cui erano già apparse le piante e gli alberi come noi oggi li conosciamo. Secondo l’autore infatti, tre foglie lanceolate dal margine seghettato, nel sottobosco preistorico, si sarebbero naturalmente atteggiate a formare un piccolo foro archeo-stenopeico nel quale, sempre per caso, una goccia di rugiada o di pioggia si sarebbe fermata, in sospensione nel vuoto, creando una lente convessa d’acqua. Allora i raggi luminosi del Sole, o forse quelli ad esso succedanei della Luna, si sarebbero fatti largo tra le chiome di un fitto bosco primevo, raggiungendo la stilla che avrebbe proiettato l’immagine di uno dei due corpi celesti, ma anche delle stelle, sul terreno umido sottostante.
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