Il saggio pone questioni teoriche muovendo dalle ricerche condotte sulla Chiesa “Incompiuta” di Brendola, progettata dall'ingegnere-architetto Fausto Franco agli inizi degli anni Trenta del Novecento. Il cantiere, interrotto per problemi di natura economica intorno agli anni Quaranta del Novecento, consente di indagare, in una felice simmetria, un quadro culturale di scelte costruttive, estetiche e formali alla base di un orizzonte conservativo. Situata nel contesto collinare che si sviluppa ai piedi della dorsale dei Colli Berici, la chiesa condensa la volontà di riunire, in un unico «luogo antropologico», le vicine comunità caratterizzate da un abitato disomogeneo, acquisendo così un impatto sociale rilevante, testimoniato dalla partecipazione alla costruzione degli abitanti, sia impegnando le proprie “civili fortune”, sia intervenendo nella manodopera. La particolare importanza del ruolo della Chiesa nel contesto paesaggistico, è sottolineato dalle note della commissione di valutazione del 2 ottobre 1931 formata da figure rilevanti nell’ambito del panorama nazionale della tutela quali Ferdinando Forlati della R. Soprintendenza dei Monumenti di Venezia, Luigi Ongaro, Vice Presidente della Commissione provinciale dei Monumenti e Direttore del Museo Civico di Vicenza, e Giuseppe Stocchiero, Commissario per l'arte Sacra della Diocesi di Vicenza, chiamati a “considerare il progetto e “l’orientazione” della chiesa in rapporto alle esigenze del paesaggio”. In parallelo, la costruzione della chiesa si colloca in un contesto storico di sperimentazione, architettonica e tecnica, dove il richiamo all’ecclettismo storicista si accompagna ad una ibridazione costruttiva. L’impiego di materiali da costruzione considerati “moderni” o sperimentali, tra cui il ricorso all’uso di laterizi armati nelle strutture voltate di copertura e l’impiego di cordoli e travi in cemento armato, si accompagna all’uso di murature a sacco in pietra di Vicenza e tessute in laterizio, desunte dalla tradizione locale. Un complesso quadro di tecniche costruttive che delinea una sperimentazione colta ma anche una sfida per l’approccio alla conoscenza che includa il riconoscimento anche culturale della presenza fisica, archeologica, dei materiali, come parte fondamentale delle strategie di conservazione della Chiesa. La duplice condizione di rovina e frammento incompiuto consente di varcare il confine esistente tra aspetti teorico-percettivi e pratiche operative, ed è cruciale per un approccio culturale al progetto di conservazione inteso come restituzione materiale e immateriale, in bilico tra “memoria del tempo” e “percezione collettiva dei luoghi”. Esiste quindi, alla base del progetto di conservazione, la costruzione di una archeologia del costruito per la rovina della Chiesa dell’Incompiuta e una premessa teorica nel considerare i relitti urbani come dispositivi di lettura delle città. La posizione paesaggisticamente rilevante e la sapienza costruttiva, inquadra il progetto conservativo nella cornice teorica della “grande lacuna” (nella evoluzione del pensiero di Liliana Grassi) e si riferisce al tema del rapporto tra rovina e paesaggio, in modalità multiscalare (dal materiale alla materia) e transcronologica come “natura Uubana” (nella accezione di Marc Augé). Da questo punto di vista il progetto di conservazione e valorizzazione, nel rapporto tra rovina e paesaggio assume, quindi, nel caso della Chiesa Incompiuta, un valore sociale e collettivo, in relazione sia al rapporto tra l’immagine paesaggistica consolidata negli anni quale incompiuta, sia nel quadro di una prospettiva di riuso, consentendo di indagare e percorrere il limite della conservazione tra esperienza di finito e non finito.

Estetica e conservazione : strumenti metodologici e teoretici nel rapporto tra rovina e paesaggio per la chiesa ‘Incompiuta’ di Brendola.

Sorbo, Emanuela
;
Spironelli, Gianluca
2021-01-01

Abstract

Il saggio pone questioni teoriche muovendo dalle ricerche condotte sulla Chiesa “Incompiuta” di Brendola, progettata dall'ingegnere-architetto Fausto Franco agli inizi degli anni Trenta del Novecento. Il cantiere, interrotto per problemi di natura economica intorno agli anni Quaranta del Novecento, consente di indagare, in una felice simmetria, un quadro culturale di scelte costruttive, estetiche e formali alla base di un orizzonte conservativo. Situata nel contesto collinare che si sviluppa ai piedi della dorsale dei Colli Berici, la chiesa condensa la volontà di riunire, in un unico «luogo antropologico», le vicine comunità caratterizzate da un abitato disomogeneo, acquisendo così un impatto sociale rilevante, testimoniato dalla partecipazione alla costruzione degli abitanti, sia impegnando le proprie “civili fortune”, sia intervenendo nella manodopera. La particolare importanza del ruolo della Chiesa nel contesto paesaggistico, è sottolineato dalle note della commissione di valutazione del 2 ottobre 1931 formata da figure rilevanti nell’ambito del panorama nazionale della tutela quali Ferdinando Forlati della R. Soprintendenza dei Monumenti di Venezia, Luigi Ongaro, Vice Presidente della Commissione provinciale dei Monumenti e Direttore del Museo Civico di Vicenza, e Giuseppe Stocchiero, Commissario per l'arte Sacra della Diocesi di Vicenza, chiamati a “considerare il progetto e “l’orientazione” della chiesa in rapporto alle esigenze del paesaggio”. In parallelo, la costruzione della chiesa si colloca in un contesto storico di sperimentazione, architettonica e tecnica, dove il richiamo all’ecclettismo storicista si accompagna ad una ibridazione costruttiva. L’impiego di materiali da costruzione considerati “moderni” o sperimentali, tra cui il ricorso all’uso di laterizi armati nelle strutture voltate di copertura e l’impiego di cordoli e travi in cemento armato, si accompagna all’uso di murature a sacco in pietra di Vicenza e tessute in laterizio, desunte dalla tradizione locale. Un complesso quadro di tecniche costruttive che delinea una sperimentazione colta ma anche una sfida per l’approccio alla conoscenza che includa il riconoscimento anche culturale della presenza fisica, archeologica, dei materiali, come parte fondamentale delle strategie di conservazione della Chiesa. La duplice condizione di rovina e frammento incompiuto consente di varcare il confine esistente tra aspetti teorico-percettivi e pratiche operative, ed è cruciale per un approccio culturale al progetto di conservazione inteso come restituzione materiale e immateriale, in bilico tra “memoria del tempo” e “percezione collettiva dei luoghi”. Esiste quindi, alla base del progetto di conservazione, la costruzione di una archeologia del costruito per la rovina della Chiesa dell’Incompiuta e una premessa teorica nel considerare i relitti urbani come dispositivi di lettura delle città. La posizione paesaggisticamente rilevante e la sapienza costruttiva, inquadra il progetto conservativo nella cornice teorica della “grande lacuna” (nella evoluzione del pensiero di Liliana Grassi) e si riferisce al tema del rapporto tra rovina e paesaggio, in modalità multiscalare (dal materiale alla materia) e transcronologica come “natura Uubana” (nella accezione di Marc Augé). Da questo punto di vista il progetto di conservazione e valorizzazione, nel rapporto tra rovina e paesaggio assume, quindi, nel caso della Chiesa Incompiuta, un valore sociale e collettivo, in relazione sia al rapporto tra l’immagine paesaggistica consolidata negli anni quale incompiuta, sia nel quadro di una prospettiva di riuso, consentendo di indagare e percorrere il limite della conservazione tra esperienza di finito e non finito.
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