“Così accanto alla comunicazione spirituale delle lingue umane, ce n’è una materiale dei linguaggi delle cose […] la comunicativa ‘magia della materia’ […]” (H.Schweppenhäuser) In Notre Dame de Paris Victor Hugo definì l’arte edificatoria come il più grande libro di pietra, scritto dall’umanità in forma aulica o ricorrendo ad un lessico popolare non codificato e in continua evoluzione nel tempo. Questa riflessione desta interesse perché, trascendendo la funzionalità - o meglio, sublimandola - sposta l’attenzione sull’architettura come forma di linguaggio e su come possa essere diversamente letta e fruita. L’aspetto estetico-formale è il primo livello di avvicinamento ad ulteriori valenze espressive dei messaggi di pietra, dove si intrecciano didattica e conoscenza, in un crescendo in cui l’aspetto divulgativo cede all’esoterico. In generale, l’architettura contiene simboli riconosciuti dai membri di una comunità; è notoria, per esempio, la catechesi scolpita nei capitelli delle chiese medioevali (fig.1), così come l’allusione al lignaggio famigliare, alla corporazione o all’attività svolta in edifici dotati di stemmi o insegne. La componente occulta si fa più rilevante nelle epigrafi o icone di natura rituale, religiosa o pagana, che assolvono una funzione scaramantica o apotropaica, in senso lato magica. Mentre l’aspetto ermetico diventa predominante nelle simbologie esoteriche - dai Templari ai massoni - come anche nei programmi figurativi degli Umanisti (fig.2). Ma, accanto a questo linguaggio iconico e intenzionale - colto o popolare, essoterico o esoterico ma pur sempre mediato dalla cultura - le costruzioni umane ci riservano un ulteriore piano di lettura, affidato alle tracce materiali sedimentate nel tempo sulle superfici. Il linguaggio della materia, inteso in senso benjaminiano come prodotto di corrispondenze sensibili fra l’uomo e le cose, è un linguaggio geroglifico e in senso lato mantico-divinatorio, in cui i segni di trasformazione vanno rispettivamente percepiti, riconosciuti, decodificati e interpretati (fig.3). In questo senso, la stratigrafia dell’architettura può essere riguardata non solo come tecnica archeometrica ma come forma di sguardo, capace di traslitterare il significato delle tracce percepite, rendendole intelligibili e consentendo forme di esplorazione temporale degli edifici antichi, sia in senso diacronico che sincronico. L’apparizione di assetti precedenti, evocati dai frammenti superstiti stratificati, può connotarsi d’incanto (fig.4) mentre la percezione della profondità temporale di un’opera, che diviene tangibile nella traccia materiale, può suscitare sinestesie proustiane fra memoria e sensazione. Così l’approccio stratigrafico, attivando canali differenziati – razionale, percettivo ed emotivo – volge l’attenzione alla materia dell’architettura e mira alla sua permanenza; un obiettivo che induce riflessioni teoriche e questioni operative, confermando la valenza culturale e filosofica, oltre che tecnica, del progetto di conservazione.

Il linguaggio arcano della traccia materiale. Un’esplorazione temporale dell’architettura attraverso la stratigrafia = The Arcane Language of the Material Trace. A Temporal Exploration of Architecture through Stratigraphy

Squassina, Angela
2022-01-01

Abstract

“Così accanto alla comunicazione spirituale delle lingue umane, ce n’è una materiale dei linguaggi delle cose […] la comunicativa ‘magia della materia’ […]” (H.Schweppenhäuser) In Notre Dame de Paris Victor Hugo definì l’arte edificatoria come il più grande libro di pietra, scritto dall’umanità in forma aulica o ricorrendo ad un lessico popolare non codificato e in continua evoluzione nel tempo. Questa riflessione desta interesse perché, trascendendo la funzionalità - o meglio, sublimandola - sposta l’attenzione sull’architettura come forma di linguaggio e su come possa essere diversamente letta e fruita. L’aspetto estetico-formale è il primo livello di avvicinamento ad ulteriori valenze espressive dei messaggi di pietra, dove si intrecciano didattica e conoscenza, in un crescendo in cui l’aspetto divulgativo cede all’esoterico. In generale, l’architettura contiene simboli riconosciuti dai membri di una comunità; è notoria, per esempio, la catechesi scolpita nei capitelli delle chiese medioevali (fig.1), così come l’allusione al lignaggio famigliare, alla corporazione o all’attività svolta in edifici dotati di stemmi o insegne. La componente occulta si fa più rilevante nelle epigrafi o icone di natura rituale, religiosa o pagana, che assolvono una funzione scaramantica o apotropaica, in senso lato magica. Mentre l’aspetto ermetico diventa predominante nelle simbologie esoteriche - dai Templari ai massoni - come anche nei programmi figurativi degli Umanisti (fig.2). Ma, accanto a questo linguaggio iconico e intenzionale - colto o popolare, essoterico o esoterico ma pur sempre mediato dalla cultura - le costruzioni umane ci riservano un ulteriore piano di lettura, affidato alle tracce materiali sedimentate nel tempo sulle superfici. Il linguaggio della materia, inteso in senso benjaminiano come prodotto di corrispondenze sensibili fra l’uomo e le cose, è un linguaggio geroglifico e in senso lato mantico-divinatorio, in cui i segni di trasformazione vanno rispettivamente percepiti, riconosciuti, decodificati e interpretati (fig.3). In questo senso, la stratigrafia dell’architettura può essere riguardata non solo come tecnica archeometrica ma come forma di sguardo, capace di traslitterare il significato delle tracce percepite, rendendole intelligibili e consentendo forme di esplorazione temporale degli edifici antichi, sia in senso diacronico che sincronico. L’apparizione di assetti precedenti, evocati dai frammenti superstiti stratificati, può connotarsi d’incanto (fig.4) mentre la percezione della profondità temporale di un’opera, che diviene tangibile nella traccia materiale, può suscitare sinestesie proustiane fra memoria e sensazione. Così l’approccio stratigrafico, attivando canali differenziati – razionale, percettivo ed emotivo – volge l’attenzione alla materia dell’architettura e mira alla sua permanenza; un obiettivo che induce riflessioni teoriche e questioni operative, confermando la valenza culturale e filosofica, oltre che tecnica, del progetto di conservazione.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/314316
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