Per provare a ragionare sulla condizione contemporanea del design, può essere utile ricollocare appropriatamente il senso-valore attribuibile latu sensu al progetto, liberandolo – fra le altre cose – dalle incrostazioni ideologiche dell’autorialità o del sussiego mercantile, da un’autoreferenzialità votata all’irrilevanza. Sono emersi dunque molti elementi capaci di configurare nuove opportunità di elaborare e praticare differenti paradigmi. Si tratta allora di spostare il design ancora più a monte, di riconnettere con forza il necessario e specifico agire progettuale anche ad una dimensione intellettuale e “umanistica”, che in verità da sempre lo caratterizza e ne alimenta la diversità rispetto ad altri modi del progetto. Se così inteso, e diversamente da altri approcci lineari, chiusi, ad alta definizione e prestazione, il design può essere in grado di interpretare la transizione contemporanea e di declinare gli strumenti appropriati per elaborare una strategia resiliente alle condizioni randomiche e inattese che connotano, con estrema evidenza oggi più che nel passato anche solo prossimo, il nostro sistema economico, sociale, tecnico e culturale, e le sue modificazioni ambientali e naturali. Si può forse opportunamente iniziare a parlare di progetto adattivo. O meglio, pro-adattivo o pro-attivo. Che vuol dire, fra l’altro, la capacità di progettare in relazione alle condizioni mutevoli e transitive di prodotti, sistemi e servizi. Non elaborare “la” soluzione ma “le” plurime soluzioni (comprese quelle non ancora immaginabili) in relazione alle imprevedibili dinamiche che caratterizzano i fenomeni del reale. Un progetto a bassa definizione ma a elevata complessità.

Il senso del tempo per il design

BASSI ALBERTO
2020-01-01

Abstract

Per provare a ragionare sulla condizione contemporanea del design, può essere utile ricollocare appropriatamente il senso-valore attribuibile latu sensu al progetto, liberandolo – fra le altre cose – dalle incrostazioni ideologiche dell’autorialità o del sussiego mercantile, da un’autoreferenzialità votata all’irrilevanza. Sono emersi dunque molti elementi capaci di configurare nuove opportunità di elaborare e praticare differenti paradigmi. Si tratta allora di spostare il design ancora più a monte, di riconnettere con forza il necessario e specifico agire progettuale anche ad una dimensione intellettuale e “umanistica”, che in verità da sempre lo caratterizza e ne alimenta la diversità rispetto ad altri modi del progetto. Se così inteso, e diversamente da altri approcci lineari, chiusi, ad alta definizione e prestazione, il design può essere in grado di interpretare la transizione contemporanea e di declinare gli strumenti appropriati per elaborare una strategia resiliente alle condizioni randomiche e inattese che connotano, con estrema evidenza oggi più che nel passato anche solo prossimo, il nostro sistema economico, sociale, tecnico e culturale, e le sue modificazioni ambientali e naturali. Si può forse opportunamente iniziare a parlare di progetto adattivo. O meglio, pro-adattivo o pro-attivo. Che vuol dire, fra l’altro, la capacità di progettare in relazione alle condizioni mutevoli e transitive di prodotti, sistemi e servizi. Non elaborare “la” soluzione ma “le” plurime soluzioni (comprese quelle non ancora immaginabili) in relazione alle imprevedibili dinamiche che caratterizzano i fenomeni del reale. Un progetto a bassa definizione ma a elevata complessità.
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