Questo studio intende analizzare una situazione di particolare attualità che sta riconfigurando la geografia politica e territoriale del mondo a partire dalla produzione di una nuova generazione di muri e barriere prevalentemente rivolti ad arginare i flussi migratori che, originati da guerre, cambiamenti climatici, povertà ecc., costituiscono una delle situazioni più importanti del nostro tempo. In particolare, la ricerca, a partire dall’osservazione areale delle terre di confine chiuse e fortificate, si concentra sulle ricadute spaziali delineatesi in prossimità delle stesse. Dai confronti messi in atto in questi luoghi il presente studio identifica, tra città formale e città migrante, un “terzo territorio”, caratterizzato da una instabilità ancora più forte di quella degli insediamenti informali comunemente intesi. La città migrante infatti trova ragione e senso proprio nel rapporto sinergico con la barriera e, in un gioco alternato fra azione e reazione, conquista forma di Proto-città contraddistinta da variazioni continue in cui la scena abitativa, se così si può chiamare, mostra l’immagine dell’estrema precarietà di un territorio in cui molteplici identità si fronteggiano, quelle di chi accoglie ma anche di chi respinge per paura e potere nazionalista. A causa di questa situazione, frontiere un tempo aperte si sono trasformate in strutture militarizzate che dividono: “Paesi dominanti” da “Paesi portuali”. I nuovi muri, le fasce di terre controllate e gli insediamenti più o meno temporanei si vanno così moltiplicando, a macchia di leopardo, in ogni parte di mondo: dalle Americhe all’Asia, all’Africa ma anche all’Europa in cui sono sempre più i confini controllati e i popoli migranti che vi si infrangono a ridosso. Un nuovo modo di costruire il mondo che sta definendo una nuova topografia in cui antiche figure come mura o accampamenti replicano se stesse in forma caricaturale ed estrema. Come fossero schegge impazzite di una urbanità maligna: muri, aree di controllo, insediamenti precari delineano qualcosa che va oltre l’idea di “colonizzazione” e che oggi giunge ad assumere, nei casi più remoti, una stabilità che appare come città dai tratti inconsueti contraddistinta da una forza cinetica destinata ad esplodere prima o poi. A ben vedere infatti tale fenomeno ha un impatto enorme se si considera che dei circa 35 milioni di esseri umani in fuga da disastri di vario genere la metà vive bloccato in aree di confine che, per ragioni diverse, ne impediscono l’accesso. Si potrebbe dire una megalopoli sparsa nel mondo e contraddistinta dalla presenza di esseri umani in attesa, arenatesi in insediamenti dalla forma di precarietà inedita. Un evento mondiale che ribalta la stessa positività dei confini moderni da luoghi di confronto e di scambio in enclave chiuse spesso prive di una qual si voglia organizzazione o servizio alcuno. Paradossalmente le lunghe linee confine, orchestrando terre in opposizione fatte per antinomie e contraddizioni continue, vanno assumendo l’aspetto di una presenza fissa, un segno tangibile ai confini nazionali. La ricerca di fronte a questo incremento esponenziale, partendo da una osservazione critica dello stato di fatto, indaga, su larga scala, gli aspetti materiali che sembrano riportare alle origini le fondamentali esigenze di sicurezza e di casa. Non si prescinde quindi dal censimento dei fenomeni e delle forme di radicamento e di difesa dei casi più importanti e che nel tempo hanno delineato un nuovo modo di costruire e organizzare lo spazio nelle sue diverse forme architettoniche-urbane e territoriali. In definitiva lo studio cerca di cogliere “nel inferno” che tali insediamenti rappresentano quelle forme di resistenza che potrebbero anticipare fenomeni ancora più vasti. Ebbene, ma allora consapevoli di essere al di là dello stesso concetto di insediamento informale e del retroterra politico ed economico che ne causa la formazione, vengono prese in esame le categorie interpretative dell’architettura, della geografia e dell’urbanistica che in questi luoghi dai confini fortificati descrivono un aspetto inedito sin ora descritto, al più, da reportage sociologici, economici e politici.

Una nuova geografia di mondo. Tracce urbane ai confini territoriali

Dalzero, Silvia
2022-01-01

Abstract

Questo studio intende analizzare una situazione di particolare attualità che sta riconfigurando la geografia politica e territoriale del mondo a partire dalla produzione di una nuova generazione di muri e barriere prevalentemente rivolti ad arginare i flussi migratori che, originati da guerre, cambiamenti climatici, povertà ecc., costituiscono una delle situazioni più importanti del nostro tempo. In particolare, la ricerca, a partire dall’osservazione areale delle terre di confine chiuse e fortificate, si concentra sulle ricadute spaziali delineatesi in prossimità delle stesse. Dai confronti messi in atto in questi luoghi il presente studio identifica, tra città formale e città migrante, un “terzo territorio”, caratterizzato da una instabilità ancora più forte di quella degli insediamenti informali comunemente intesi. La città migrante infatti trova ragione e senso proprio nel rapporto sinergico con la barriera e, in un gioco alternato fra azione e reazione, conquista forma di Proto-città contraddistinta da variazioni continue in cui la scena abitativa, se così si può chiamare, mostra l’immagine dell’estrema precarietà di un territorio in cui molteplici identità si fronteggiano, quelle di chi accoglie ma anche di chi respinge per paura e potere nazionalista. A causa di questa situazione, frontiere un tempo aperte si sono trasformate in strutture militarizzate che dividono: “Paesi dominanti” da “Paesi portuali”. I nuovi muri, le fasce di terre controllate e gli insediamenti più o meno temporanei si vanno così moltiplicando, a macchia di leopardo, in ogni parte di mondo: dalle Americhe all’Asia, all’Africa ma anche all’Europa in cui sono sempre più i confini controllati e i popoli migranti che vi si infrangono a ridosso. Un nuovo modo di costruire il mondo che sta definendo una nuova topografia in cui antiche figure come mura o accampamenti replicano se stesse in forma caricaturale ed estrema. Come fossero schegge impazzite di una urbanità maligna: muri, aree di controllo, insediamenti precari delineano qualcosa che va oltre l’idea di “colonizzazione” e che oggi giunge ad assumere, nei casi più remoti, una stabilità che appare come città dai tratti inconsueti contraddistinta da una forza cinetica destinata ad esplodere prima o poi. A ben vedere infatti tale fenomeno ha un impatto enorme se si considera che dei circa 35 milioni di esseri umani in fuga da disastri di vario genere la metà vive bloccato in aree di confine che, per ragioni diverse, ne impediscono l’accesso. Si potrebbe dire una megalopoli sparsa nel mondo e contraddistinta dalla presenza di esseri umani in attesa, arenatesi in insediamenti dalla forma di precarietà inedita. Un evento mondiale che ribalta la stessa positività dei confini moderni da luoghi di confronto e di scambio in enclave chiuse spesso prive di una qual si voglia organizzazione o servizio alcuno. Paradossalmente le lunghe linee confine, orchestrando terre in opposizione fatte per antinomie e contraddizioni continue, vanno assumendo l’aspetto di una presenza fissa, un segno tangibile ai confini nazionali. La ricerca di fronte a questo incremento esponenziale, partendo da una osservazione critica dello stato di fatto, indaga, su larga scala, gli aspetti materiali che sembrano riportare alle origini le fondamentali esigenze di sicurezza e di casa. Non si prescinde quindi dal censimento dei fenomeni e delle forme di radicamento e di difesa dei casi più importanti e che nel tempo hanno delineato un nuovo modo di costruire e organizzare lo spazio nelle sue diverse forme architettoniche-urbane e territoriali. In definitiva lo studio cerca di cogliere “nel inferno” che tali insediamenti rappresentano quelle forme di resistenza che potrebbero anticipare fenomeni ancora più vasti. Ebbene, ma allora consapevoli di essere al di là dello stesso concetto di insediamento informale e del retroterra politico ed economico che ne causa la formazione, vengono prese in esame le categorie interpretative dell’architettura, della geografia e dell’urbanistica che in questi luoghi dai confini fortificati descrivono un aspetto inedito sin ora descritto, al più, da reportage sociologici, economici e politici.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/322526
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