Il padiglione del Venezuela nasce grazie alla volontà di Graziano Gasparini, architetto italiano trapiantato in Venezuela, allievo ed estimatore di Carlo Scarpa, con forti legami con l’architettura italiana: sarà, tra le altre cose, direttore dei lavori per Gio Ponti a Villa Planchart. Scarpa viene chiamato dal governo venezuelano nel 1953 per l’affidamento dell’incarico di progettazione del padiglione nazionale. Tratto caratterizzante della composizione sono le superfici esterne in calcestruzzo facciavista, materiale che nell’opera di Scarpa è capace di assumere forme complesse e di riprodurre trame sofisticate. Qui la ruvida mescola e la sovrapposizione delle ghiaie definisce l’aspetto figurativo che si oppone alle superfici interne delle due grandi sale, rivestite in marmorino rustico bianco, con i soffitti rispettivamente in giallo e in azzurro plumbeo. La vicenda del Padiglione del Venezuela è da sempre punteggiata da episodi di manomissione, quando non di vero e proprio danneggiamento. Transenne, rifiuti, degrado, abbandono, sono solo l’ultimo atto di un percorso iniziato con interventi sporadici che sta portando alla silenziosa, progressiva perdita di memoria di un’opera emblematica del patrimonio architettonico del secondo Novecento. Il degrado del calcestruzzo, le deformazioni dei pannelli e dei serramenti delle grandi vetrate, la vegetazione che invade i volumi affacciati sulla laguna, le trasformazioni incongrue dovute al succedersi degli allestimenti, richiederebbero ora una risposta tempestiva.

Il Padiglione del Venezuela alla Biennale : tre forme di oblio

Di Resta Sara
;
2021-01-01

Abstract

Il padiglione del Venezuela nasce grazie alla volontà di Graziano Gasparini, architetto italiano trapiantato in Venezuela, allievo ed estimatore di Carlo Scarpa, con forti legami con l’architettura italiana: sarà, tra le altre cose, direttore dei lavori per Gio Ponti a Villa Planchart. Scarpa viene chiamato dal governo venezuelano nel 1953 per l’affidamento dell’incarico di progettazione del padiglione nazionale. Tratto caratterizzante della composizione sono le superfici esterne in calcestruzzo facciavista, materiale che nell’opera di Scarpa è capace di assumere forme complesse e di riprodurre trame sofisticate. Qui la ruvida mescola e la sovrapposizione delle ghiaie definisce l’aspetto figurativo che si oppone alle superfici interne delle due grandi sale, rivestite in marmorino rustico bianco, con i soffitti rispettivamente in giallo e in azzurro plumbeo. La vicenda del Padiglione del Venezuela è da sempre punteggiata da episodi di manomissione, quando non di vero e proprio danneggiamento. Transenne, rifiuti, degrado, abbandono, sono solo l’ultimo atto di un percorso iniziato con interventi sporadici che sta portando alla silenziosa, progressiva perdita di memoria di un’opera emblematica del patrimonio architettonico del secondo Novecento. Il degrado del calcestruzzo, le deformazioni dei pannelli e dei serramenti delle grandi vetrate, la vegetazione che invade i volumi affacciati sulla laguna, le trasformazioni incongrue dovute al succedersi degli allestimenti, richiederebbero ora una risposta tempestiva.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
72 Giornale Architettura_Padiglione Venezuela.pdf

accesso aperto

Tipologia: Versione Editoriale
Licenza: Creative commons
Dimensione 3.35 MB
Formato Adobe PDF
3.35 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/322631
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact