Il periodo che va dal 2006 al 2021 abbraccia quindici anni di costante sperimentazione didattica. Questo itinerario prende il via nell’A.A. 2006-2007 presso la Facoltà di Architettura di Siracusa e continua, dall’A.A. 2014-2015, presso l’Università IUAV di Venezia proseguendo fino a oggi. A partire dal bagaglio di esperienze accumulato in questi anni abbiamo deciso di dedicare alla Sicilia la didattica dell’A.A. 2020-2021 in una sorta di ideale viaggio di ritorno nell’isola. Il percorso compiuto si è sviluppato attraverso alcuni itinerari di ricerca didattico-progettuale frutto della conduzione di un laboratorio di progetto e di una tesi di laurea. Il laboratorio è suddiviso in due semestri dedicati, rispettivamente, al paesaggio archeologico della città di Agrigento e al paesaggio agrario della campagna intorno alla città di Palazzolo Acreide. La tesi di laurea si concentra su un’area di risulta all’interno del paesaggio urbano della città di Ragusa. Il primo itinerario prende le mosse dall’iniziativa denominata IncipitLab che, a partire dal 2016, il D’Arch, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo, organizza periodicamente nel capoluogo siciliano. In occasione di un convegno a cadenza annuale si condividono alcuni temi di progetto coordinati tra le varie Università aderenti e si presentano i risultati dei corsi dell’anno precedente. Da qualche anno la riflessione progettuale si è concentrata sulla città di Agrigento e sullo straordinario paesaggio archeologico della Valle dei Templi. All’interno di questo scenario mozzafiato si colloca l’area di progetto su cui si sono cimentati gli studenti del Laboratorio di Progetto 1 dell’A.A. 2020-2021 dell’Università IUAV di Venezia durante il primo semestre. Proprio nel cuore del perimetro archeologico, stretta tra le meravigliose rovine del Tempio della Concordia, del Tempio di Ercole, del Tempio di Giove Olimpico, del Tempio di Castore e Polluce e dell’antica Agorà, l’area di progetto si presenta come una grande superficie quadrata di sessanta metri di lato. A partire da questa situazione di fatto, l’esercizio proposto mirava alla riformulazione del programma esistente con la realizzazione di un cosiddetto “ristoro per viaggiatori nella Valle dei Templi di Agrigento”, un luogo attrezzato per la sosta lunga o breve di ogni visitatore, uno spazio di riposo dalle fatiche del corpo e di metabolizzazione delle riflessioni e dei pensieri scaturiti dalla visita alle antiche rovine. Il secondo itinerario fa riferimento alla tesi di laurea dedicata alla città di Ragusa intitolata “Il vuoto come occasione di rigenerazione urbana. Centro intermodale viaggiatori nell’area dell’ex-scalo merci a Ragusa” sviluppata insieme alla laureanda Annachiara Sartor parallelamente all’esperienza agrigentina. L’attenzione si concentra su un’area della città iblea che si può definire strategica sia per vocazione sia per posizione. Si tratta, infatti, di una porzione di suolo ferroviario dismesso recentemente acquisito dall’amministrazione comunale che ha intenzione di convertirla in un’area di attrezzature pubbliche di servizio alla città. Essa è collocata in posizione baricentrica e di cerniera tra l’espansione sette-ottocentesca della cosiddetta “città alta”, costruita sull’altopiano, e i quartieri novecenteschi più recenti che sfociano, più a sud, in una caotica periferia industriale. Piuttosto che procedere per sottrazione, una pratica di trasformazione del territorio che nel comprensorio ibleo ha consentito la configurazione di interi brani di città attraverso l’estrazione in loco della pietra calcarea in forma di materiale da costruzione, si è scelto di procedere per addizione, quasi volendo ripristinare lo stato precedente dei luoghi, reduci dal poderoso sbancamento necessario per ricavare l’ampio piano orizzontale su cui insisteva il fascio di binari del deposito ferroviario. Questa strategia mira, da un lato, a recuperare le superfici e i volumi necessari per realizzare il vasto programma previsto e, dall’altro lato, tenta di ricucire parti di città tra loro molto prossime ma incapaci di dialogare perché collocate a quote differenti. Più che di un edificio si tratta, quindi, di un dispositivo capace di riconnettere, riallacciare, ricomporre, ripristinare il paesaggio urbano circostante andato perduto a seguito delle trasformazioni precedenti. Il terzo itinerario si insinua nel cuore dell’altopiano ibleo. Negli ultimi vent’anni, in seguito all’abbandono produttivo delle campagne e sulla scorta della visibilità mediatica prodotta dal successo della nota serie televisiva “Il commissario Montalbano” che ha mostrato su larga scala le meraviglie del barocco siciliano del Val di Noto, si determina una nuova spinta insediativa in cui l’architettura della casa assume un ruolo di primo piano. Sia la continua riconversione dei fabbricati rurali a scopo turistico, come seconde case di villeggiatura o piccole attività alberghiere diffuse, sia la costruzione di nuovi edifici residenziali in aree destinate ad uso agricolo, pongono un problema di uso del suolo e di salvaguardia di questo territorio e del suo paesaggio. All’interno di tale scenario si colloca l’area di progetto su cui hanno lavorato gli studenti del Laboratorio di Progetto 1 dell’A.A. 2020-2021 dell’Università IUAV di Venezia durante il secondo semestre, sviluppando un programma di ampliamento di una piccola casa di vacanza. Il lavoro prende le mosse dallo studio di alcuni manufatti paradigmatici esistenti e in particolare dalle case che gli architetti Bruno Messina e Francesco Infantino costruiscono nel territorio di Palazzolo Acreide a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso. Una delle più recenti di queste costruzioni, la casa CM, ultimata nel 2013, oltre ad essere un esempio emblematico di come un’architettura contemporanea possa interpretare i caratteri del paesaggio agricolo dell’altopiano ibleo, ispirandosi alla lezione della tradizione ma rinunciando a un superficiale atteggiamento di mimesi formale, offre agli studenti l’occasione di compiere l’esercizio progettuale assegnato. Sulla scorta dell’esperienza prodotta durante questo anno di lavoro progettuale e didattico dedicato alla Sicilia in generale e al lavoro di Messina e Infantino su Palazzolo Acreide in particolare, nasce l’idea di produrre una piccola collana di volumi dedicati agli architetti, ai luoghi e alle case che ogni anno ispirano la didattica dei nostri corsi sviluppati presso l’Università IUAV di Venezia. Ogni volume, da questo punto di vista, rappresenta un’occasione di sovrapposizione tra il momento della didattica e il momento della ricerca del progetto di architettura che tanto si auspica ma che spesso si scontra con oggettive difficoltà di realizzazione, soprattutto se la formazione è rivolta a studenti del primo anno del ciclo di studi triennale. Ogni ricerca, oltre ad assumere valore in sé, restituisce dignità e importanza a quell’esperienza che potremmo definire di “incipit formativo” spesso sottovalutata e rappresentata dal primo laboratorio progettuale, occasione fondamentale in cui si acquisiscono pratiche, metodi e strumenti che condizioneranno il successivo percorso di ogni futuro architetto all’interno della nostra disciplina.
Viaggio nei tre paesaggi. Itinerari di ricerca didattico-progettuale in Sicilia
Cacciatore, Francesco
2022-01-01
Abstract
Il periodo che va dal 2006 al 2021 abbraccia quindici anni di costante sperimentazione didattica. Questo itinerario prende il via nell’A.A. 2006-2007 presso la Facoltà di Architettura di Siracusa e continua, dall’A.A. 2014-2015, presso l’Università IUAV di Venezia proseguendo fino a oggi. A partire dal bagaglio di esperienze accumulato in questi anni abbiamo deciso di dedicare alla Sicilia la didattica dell’A.A. 2020-2021 in una sorta di ideale viaggio di ritorno nell’isola. Il percorso compiuto si è sviluppato attraverso alcuni itinerari di ricerca didattico-progettuale frutto della conduzione di un laboratorio di progetto e di una tesi di laurea. Il laboratorio è suddiviso in due semestri dedicati, rispettivamente, al paesaggio archeologico della città di Agrigento e al paesaggio agrario della campagna intorno alla città di Palazzolo Acreide. La tesi di laurea si concentra su un’area di risulta all’interno del paesaggio urbano della città di Ragusa. Il primo itinerario prende le mosse dall’iniziativa denominata IncipitLab che, a partire dal 2016, il D’Arch, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo, organizza periodicamente nel capoluogo siciliano. In occasione di un convegno a cadenza annuale si condividono alcuni temi di progetto coordinati tra le varie Università aderenti e si presentano i risultati dei corsi dell’anno precedente. Da qualche anno la riflessione progettuale si è concentrata sulla città di Agrigento e sullo straordinario paesaggio archeologico della Valle dei Templi. All’interno di questo scenario mozzafiato si colloca l’area di progetto su cui si sono cimentati gli studenti del Laboratorio di Progetto 1 dell’A.A. 2020-2021 dell’Università IUAV di Venezia durante il primo semestre. Proprio nel cuore del perimetro archeologico, stretta tra le meravigliose rovine del Tempio della Concordia, del Tempio di Ercole, del Tempio di Giove Olimpico, del Tempio di Castore e Polluce e dell’antica Agorà, l’area di progetto si presenta come una grande superficie quadrata di sessanta metri di lato. A partire da questa situazione di fatto, l’esercizio proposto mirava alla riformulazione del programma esistente con la realizzazione di un cosiddetto “ristoro per viaggiatori nella Valle dei Templi di Agrigento”, un luogo attrezzato per la sosta lunga o breve di ogni visitatore, uno spazio di riposo dalle fatiche del corpo e di metabolizzazione delle riflessioni e dei pensieri scaturiti dalla visita alle antiche rovine. Il secondo itinerario fa riferimento alla tesi di laurea dedicata alla città di Ragusa intitolata “Il vuoto come occasione di rigenerazione urbana. Centro intermodale viaggiatori nell’area dell’ex-scalo merci a Ragusa” sviluppata insieme alla laureanda Annachiara Sartor parallelamente all’esperienza agrigentina. L’attenzione si concentra su un’area della città iblea che si può definire strategica sia per vocazione sia per posizione. Si tratta, infatti, di una porzione di suolo ferroviario dismesso recentemente acquisito dall’amministrazione comunale che ha intenzione di convertirla in un’area di attrezzature pubbliche di servizio alla città. Essa è collocata in posizione baricentrica e di cerniera tra l’espansione sette-ottocentesca della cosiddetta “città alta”, costruita sull’altopiano, e i quartieri novecenteschi più recenti che sfociano, più a sud, in una caotica periferia industriale. Piuttosto che procedere per sottrazione, una pratica di trasformazione del territorio che nel comprensorio ibleo ha consentito la configurazione di interi brani di città attraverso l’estrazione in loco della pietra calcarea in forma di materiale da costruzione, si è scelto di procedere per addizione, quasi volendo ripristinare lo stato precedente dei luoghi, reduci dal poderoso sbancamento necessario per ricavare l’ampio piano orizzontale su cui insisteva il fascio di binari del deposito ferroviario. Questa strategia mira, da un lato, a recuperare le superfici e i volumi necessari per realizzare il vasto programma previsto e, dall’altro lato, tenta di ricucire parti di città tra loro molto prossime ma incapaci di dialogare perché collocate a quote differenti. Più che di un edificio si tratta, quindi, di un dispositivo capace di riconnettere, riallacciare, ricomporre, ripristinare il paesaggio urbano circostante andato perduto a seguito delle trasformazioni precedenti. Il terzo itinerario si insinua nel cuore dell’altopiano ibleo. Negli ultimi vent’anni, in seguito all’abbandono produttivo delle campagne e sulla scorta della visibilità mediatica prodotta dal successo della nota serie televisiva “Il commissario Montalbano” che ha mostrato su larga scala le meraviglie del barocco siciliano del Val di Noto, si determina una nuova spinta insediativa in cui l’architettura della casa assume un ruolo di primo piano. Sia la continua riconversione dei fabbricati rurali a scopo turistico, come seconde case di villeggiatura o piccole attività alberghiere diffuse, sia la costruzione di nuovi edifici residenziali in aree destinate ad uso agricolo, pongono un problema di uso del suolo e di salvaguardia di questo territorio e del suo paesaggio. All’interno di tale scenario si colloca l’area di progetto su cui hanno lavorato gli studenti del Laboratorio di Progetto 1 dell’A.A. 2020-2021 dell’Università IUAV di Venezia durante il secondo semestre, sviluppando un programma di ampliamento di una piccola casa di vacanza. Il lavoro prende le mosse dallo studio di alcuni manufatti paradigmatici esistenti e in particolare dalle case che gli architetti Bruno Messina e Francesco Infantino costruiscono nel territorio di Palazzolo Acreide a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso. Una delle più recenti di queste costruzioni, la casa CM, ultimata nel 2013, oltre ad essere un esempio emblematico di come un’architettura contemporanea possa interpretare i caratteri del paesaggio agricolo dell’altopiano ibleo, ispirandosi alla lezione della tradizione ma rinunciando a un superficiale atteggiamento di mimesi formale, offre agli studenti l’occasione di compiere l’esercizio progettuale assegnato. Sulla scorta dell’esperienza prodotta durante questo anno di lavoro progettuale e didattico dedicato alla Sicilia in generale e al lavoro di Messina e Infantino su Palazzolo Acreide in particolare, nasce l’idea di produrre una piccola collana di volumi dedicati agli architetti, ai luoghi e alle case che ogni anno ispirano la didattica dei nostri corsi sviluppati presso l’Università IUAV di Venezia. Ogni volume, da questo punto di vista, rappresenta un’occasione di sovrapposizione tra il momento della didattica e il momento della ricerca del progetto di architettura che tanto si auspica ma che spesso si scontra con oggettive difficoltà di realizzazione, soprattutto se la formazione è rivolta a studenti del primo anno del ciclo di studi triennale. Ogni ricerca, oltre ad assumere valore in sé, restituisce dignità e importanza a quell’esperienza che potremmo definire di “incipit formativo” spesso sottovalutata e rappresentata dal primo laboratorio progettuale, occasione fondamentale in cui si acquisiscono pratiche, metodi e strumenti che condizioneranno il successivo percorso di ogni futuro architetto all’interno della nostra disciplina.File | Dimensione | Formato | |
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