IT_Auschwitz rappresenta un unicum nell'immensa geografia dei siti di distruzione di massa istituiti dal regime nazista in Europa. Il campo di sterminio di Auschwitz II - Birkenau (1941-45), in particolare, è il risultato di un progetto complesso, sviluppato nel corso degli anni, sia a livello di impianto generale, sia attraverso il processo di definizione architettonica dei suoi elementi più tragicamente rilevanti. Nonostante la frettolosa demolizione degli inusitati complessi di sterminio per mano degli stessi nazisti nel gennaio del 1945, le fotografie del loro aspetto originario insieme alla consistenza delle rovine e delle impronte che hanno lasciato nelle profondità del terreno, testimoniano una componente tettonica che rende l'identità specifica di questi oggetti non riducibile a ragioni meramente tecnologiche e funzionali. Questi complessi, i quattro Krematorium, la cosiddetta Zentralsauna e gli altri edifici da campo, erano infatti accomunati da forme e da un linguaggio che richiamavano le caratteristiche di una “architettura civile”, costituendo così il drammatico paradosso della finalità che stava alla base della loro progettazione. Oggi le rovine di Birkenau lasciano aperte, tra le altre, questioni che hanno un'immediata rilevanza disciplinare: la forma architettonica è di per sé incolpevole o è sempre il risultato di un atto politico? Questi edifici erano solo delle atroci “scenografie” fatte per nascondere ciò che accadeva al loro interno, o riflettevano l'ideologia distruttiva che li aveva prodotti? Rileggere criticamente ciò che resta del Vernichtungslager di Auschwitz dall'interno della sua architettura non può però essere un modo per fornire risposte univoche e ‘definitive’, così come non può rappresentare il riferimento per cercare di tracciare il perimetro ambiguo di una presunta “architettura nazista”. Significa, al contrario, riproporre la questione della responsabilità e dei doveri etici dell'architetto di fronte a questo simbolo estremo della Shoah: luogo della cancellazione e della perdita di tutte le conquiste culturali, della stessa capacità di pensare e, in definitiva, della fine della storia e della civiltà umana. Il saggio propone un tentativo di rielaborare l’essenza del significato socio-culturale dell’architettura, analizzando il progetto di Birkenau e le sue rovine, ponendo una questione fondamentale: è esistita un’architettura di Auschwitz? EN_Auschwitz represents a unicum in the immense geography of sites of mass destruction established by the Nazi regime in Europe. The Auschwitz II - Birkenau extermination camp (1941-45), in particular, is the result of a complex project, developed over the years, both at the level of the general layout and through the process of architectural definition of its most tragically relevant elements. Despite the hasty demolition of the extermination complexes at the hands of the Nazis themselves in January 1945, photographs of their original appearance together with the consistency of the ruins and the footprints they left in the depths of the ground testify to a tectonic component that makes the specific identity of these objects not reducible to merely technological and functional reasons. These complexes, the so-called Krematorium, Zentralsauna and the other camp buildings, were in fact united by forms and a language that recalled the characteristics of a ‘civil architecture’, thus constituting the dramatic paradox of the purpose behind their design. Today, the ruins of Birkenau leave open questions of immediate disciplinary relevance, among others: Is the architectural form itself blameless or is it always the result of a political act? Were these buildings merely atrocious ‘stage sets’ made to conceal what was happening inside them, or did they reflect the destructive ideology that produced them? Critically re-reading what remains of the Auschwitz Vernichtungslager from within its architecture cannot, however, be a way of providing unambiguous and ‘definitive’ answers, just as it cannot be a reference for trying to trace the ambiguous perimeter of an alleged ‘Nazi architecture’. On the contrary, it means re-proposing the question of the architect's responsibility and ethical duties in the face of this extreme symbol of the Shoah: a place of the cancellation and loss of all cultural conquests, of the very capacity to think and, ultimately, of the end of history and human civilisation. The essay proposes an attempt to recast the essence of the socio-cultural meaning of architecture, analysing the Birkenau project and its ruins, posing a fundamental question: did an architecture of Auschwitz exist?
L'architettura di Auschwitz
Morpurgo, Guido
2023-01-01
Abstract
IT_Auschwitz rappresenta un unicum nell'immensa geografia dei siti di distruzione di massa istituiti dal regime nazista in Europa. Il campo di sterminio di Auschwitz II - Birkenau (1941-45), in particolare, è il risultato di un progetto complesso, sviluppato nel corso degli anni, sia a livello di impianto generale, sia attraverso il processo di definizione architettonica dei suoi elementi più tragicamente rilevanti. Nonostante la frettolosa demolizione degli inusitati complessi di sterminio per mano degli stessi nazisti nel gennaio del 1945, le fotografie del loro aspetto originario insieme alla consistenza delle rovine e delle impronte che hanno lasciato nelle profondità del terreno, testimoniano una componente tettonica che rende l'identità specifica di questi oggetti non riducibile a ragioni meramente tecnologiche e funzionali. Questi complessi, i quattro Krematorium, la cosiddetta Zentralsauna e gli altri edifici da campo, erano infatti accomunati da forme e da un linguaggio che richiamavano le caratteristiche di una “architettura civile”, costituendo così il drammatico paradosso della finalità che stava alla base della loro progettazione. Oggi le rovine di Birkenau lasciano aperte, tra le altre, questioni che hanno un'immediata rilevanza disciplinare: la forma architettonica è di per sé incolpevole o è sempre il risultato di un atto politico? Questi edifici erano solo delle atroci “scenografie” fatte per nascondere ciò che accadeva al loro interno, o riflettevano l'ideologia distruttiva che li aveva prodotti? Rileggere criticamente ciò che resta del Vernichtungslager di Auschwitz dall'interno della sua architettura non può però essere un modo per fornire risposte univoche e ‘definitive’, così come non può rappresentare il riferimento per cercare di tracciare il perimetro ambiguo di una presunta “architettura nazista”. Significa, al contrario, riproporre la questione della responsabilità e dei doveri etici dell'architetto di fronte a questo simbolo estremo della Shoah: luogo della cancellazione e della perdita di tutte le conquiste culturali, della stessa capacità di pensare e, in definitiva, della fine della storia e della civiltà umana. Il saggio propone un tentativo di rielaborare l’essenza del significato socio-culturale dell’architettura, analizzando il progetto di Birkenau e le sue rovine, ponendo una questione fondamentale: è esistita un’architettura di Auschwitz? EN_Auschwitz represents a unicum in the immense geography of sites of mass destruction established by the Nazi regime in Europe. The Auschwitz II - Birkenau extermination camp (1941-45), in particular, is the result of a complex project, developed over the years, both at the level of the general layout and through the process of architectural definition of its most tragically relevant elements. Despite the hasty demolition of the extermination complexes at the hands of the Nazis themselves in January 1945, photographs of their original appearance together with the consistency of the ruins and the footprints they left in the depths of the ground testify to a tectonic component that makes the specific identity of these objects not reducible to merely technological and functional reasons. These complexes, the so-called Krematorium, Zentralsauna and the other camp buildings, were in fact united by forms and a language that recalled the characteristics of a ‘civil architecture’, thus constituting the dramatic paradox of the purpose behind their design. Today, the ruins of Birkenau leave open questions of immediate disciplinary relevance, among others: Is the architectural form itself blameless or is it always the result of a political act? Were these buildings merely atrocious ‘stage sets’ made to conceal what was happening inside them, or did they reflect the destructive ideology that produced them? Critically re-reading what remains of the Auschwitz Vernichtungslager from within its architecture cannot, however, be a way of providing unambiguous and ‘definitive’ answers, just as it cannot be a reference for trying to trace the ambiguous perimeter of an alleged ‘Nazi architecture’. On the contrary, it means re-proposing the question of the architect's responsibility and ethical duties in the face of this extreme symbol of the Shoah: a place of the cancellation and loss of all cultural conquests, of the very capacity to think and, ultimately, of the end of history and human civilisation. The essay proposes an attempt to recast the essence of the socio-cultural meaning of architecture, analysing the Birkenau project and its ruins, posing a fundamental question: did an architecture of Auschwitz exist?File | Dimensione | Formato | |
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