Il contributo propone una riflessione critica sul ruolo del design nella contemporaneità, evidenziando il rischio di una riduzione della progettualità a mero strumento del capitalismo tecno-nichilista. L’analisi si concentra sull’equivoco tra mezzi e fini nel sistema produttivo attuale, in cui l’innovazione tecnologica e il trasferimento di conoscenza vengono spesso considerati fattori risolutivi a priori, senza una reale valutazione delle implicazioni sociali e culturali. Attraverso un approccio che integra prospettive teoriche e operative, il contributo esplora la necessità di recuperare una dimensione intellettuale e umanistica del design, capace di generare senso (sense making) e di rispondere alle sfide di una società post-crescita. La metodologia adottata combina un’analisi storico-critica con un’indagine sulle trasformazioni dei modelli produttivi e dei sistemi economici, mettendo in discussione la narrazione dominante dell’innovazione come valore assoluto. Il testo approfondisce il concetto di human design driven innovation, evidenziando come il design possa configurarsi come strumento di costruzione di significati e non solo come vettore di produzione e consumo. Viene inoltre analizzata l’evoluzione del rapporto tra design e digitalizzazione, dalla smaterializzazione degli artefatti alla centralità dei servizi e delle interfacce, fino al paradosso della sovrapproduzione in un sistema che privilegia la velocità e la novità continua. In questo quadro, il contributo invita a superare un approccio performativo e autoreferenziale, riposizionando il design all’interno di una prospettiva più ampia, che tenga conto delle sue implicazioni etiche, sociali e politiche. L’obiettivo è proporre una rilettura del ruolo del progetto, non più solo orientato alla fattibilità tecnica, ma alla costruzione di un sistema di valori capace di rispondere alle esigenze reali delle persone e dell’ambiente.
Sense making, oltre il design tecno-nichilista
Bassi, Alberto Attilio
2022-01-01
Abstract
Il contributo propone una riflessione critica sul ruolo del design nella contemporaneità, evidenziando il rischio di una riduzione della progettualità a mero strumento del capitalismo tecno-nichilista. L’analisi si concentra sull’equivoco tra mezzi e fini nel sistema produttivo attuale, in cui l’innovazione tecnologica e il trasferimento di conoscenza vengono spesso considerati fattori risolutivi a priori, senza una reale valutazione delle implicazioni sociali e culturali. Attraverso un approccio che integra prospettive teoriche e operative, il contributo esplora la necessità di recuperare una dimensione intellettuale e umanistica del design, capace di generare senso (sense making) e di rispondere alle sfide di una società post-crescita. La metodologia adottata combina un’analisi storico-critica con un’indagine sulle trasformazioni dei modelli produttivi e dei sistemi economici, mettendo in discussione la narrazione dominante dell’innovazione come valore assoluto. Il testo approfondisce il concetto di human design driven innovation, evidenziando come il design possa configurarsi come strumento di costruzione di significati e non solo come vettore di produzione e consumo. Viene inoltre analizzata l’evoluzione del rapporto tra design e digitalizzazione, dalla smaterializzazione degli artefatti alla centralità dei servizi e delle interfacce, fino al paradosso della sovrapproduzione in un sistema che privilegia la velocità e la novità continua. In questo quadro, il contributo invita a superare un approccio performativo e autoreferenziale, riposizionando il design all’interno di una prospettiva più ampia, che tenga conto delle sue implicazioni etiche, sociali e politiche. L’obiettivo è proporre una rilettura del ruolo del progetto, non più solo orientato alla fattibilità tecnica, ma alla costruzione di un sistema di valori capace di rispondere alle esigenze reali delle persone e dell’ambiente.File | Dimensione | Formato | |
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