Aggettivo [dal lat. indomĭtus], composto di in- (prefisso negativo) e domĭtus, part. pass. di domare. L’accezione più frequente si riferisce a caratteristiche temperamentali: carattere indomito, indomito coraggio; talora a contesti ambientali: natura indomita, acque indomite. La storia del nostro rapporto con la natura è una storia di sopraffazioni, di sfruttamento, di violenta dominazione articolata in più fasi. La relazione che abbiamo avuto con il mondo vegetale, in un millenario arco evolutivo, ha visto prevalere, sin dall’inizio, un approccio utilitaristico, coloniale. Dalla domesticazione delle piante al controllo della riproducibilità fino allo sfruttamento dei prodotti derivati. La Natura è domita, considerata quale risorsa alimentare, energetica, in grado di fornire materiali per costruire ripari, armi ecc.; senza dimenticare l'utilizzo in chiave ornamentale e decorativa. Fonte di risorse disponibili, a seconda delle necessità. Essendo già vastissima la letteratura che affronta il danno ambientale, si lasciano fuori quadro le catastrofiche conseguenze climatiche e tutte le previsioni di un futuro tanto funesto quanto inevitabile, seppur annunciato e minuziosamente descritto. In questo testo cercheremo di considerare come, nel rapporto tra uomo e mondo vegetale, si siano avviati processi di riconfigurazione di ampie aree, quasi sempre incontrollati. Sfogliando il libro della storia, leggiamo di un incremento esponenziale: da una primordiale fase quasi armonica ed equilibrata, a profonde e irreversibili modificazioni di aree sempre più estese, nel corso di pochi segmenti temporali. Quando l’homo faber si fece costruttore di società, occupando stabilmente territori, iniziarono a delinearsi strategie di “sterminio”. Lo sgombero di aree da destinare a residenza, servizi, spazi comuni e di produzione, si rivelò impresa non facile. La Natura non si lascia scacciare, dispone di proprie capacità di resistenza, di sopravvivenza, addirittura di difesa e contrattacco. In più, rispetto ai propri avversari, ha davanti a sé tempi lunghi, lunghissimi. E sa attendere. La rimodellazione di vaste aree da parte dell’uomo nel corso del tempo ha visto evolvere tecniche sempre più efficaci di disboscamento, livellamento, scavo, soppressione chimica e fisica. Di pari passo, soprattutto in questo ultimo secolo, l’agricoltura ha iniziato a razionalizzare non solo modalità di utilizzo dei suoli, di ottimizzazione dei processi di raccolta, di manifattura, ma si è anche avvalsa di conoscenze derivanti dalla biologia applicata (OGM). Concimi chimici e antiparassitari sempre più mirati annunciano una ulteriore linea di trasformazione dei processi legati alla coltivazione. Si assiste a una graduale snaturalizzazione che renda sterile e meccanico il sistema di riproduzione (e di produzione) dei frutti della terra, di biblica memoria. Alterando irreversibilmente cicli biologici ed equilibri ambientali. Al solo scopo di completare il sintetico quadro dei processi di dominazione e di sfruttamento del mondo vegetale, si deve ricordare un’altra fonte di reddito: il legno e le sue molteplici utilizzazioni. Dalla iniziale scoperta delle proprietà fisiche che ne hanno permesso la trasformazione in utensili, energia termica, materiale per costruzione ecc., alle alterazioni morfologiche (sempre attraverso metamorfosi violente): fibre, superfici, tessuti, involucri, polveri, inerti ecc. Questo secondo fronte, il rapporto uomo-albero-legno, comporta, e comporterà, profonde alterazioni della scena naturale. Ciò che non mettiamo a mollo in un vaso, lo mettiamo sotto i denti o sotto la lama di una motosega

Indomito

Esther Giani
2023-01-01

Abstract

Aggettivo [dal lat. indomĭtus], composto di in- (prefisso negativo) e domĭtus, part. pass. di domare. L’accezione più frequente si riferisce a caratteristiche temperamentali: carattere indomito, indomito coraggio; talora a contesti ambientali: natura indomita, acque indomite. La storia del nostro rapporto con la natura è una storia di sopraffazioni, di sfruttamento, di violenta dominazione articolata in più fasi. La relazione che abbiamo avuto con il mondo vegetale, in un millenario arco evolutivo, ha visto prevalere, sin dall’inizio, un approccio utilitaristico, coloniale. Dalla domesticazione delle piante al controllo della riproducibilità fino allo sfruttamento dei prodotti derivati. La Natura è domita, considerata quale risorsa alimentare, energetica, in grado di fornire materiali per costruire ripari, armi ecc.; senza dimenticare l'utilizzo in chiave ornamentale e decorativa. Fonte di risorse disponibili, a seconda delle necessità. Essendo già vastissima la letteratura che affronta il danno ambientale, si lasciano fuori quadro le catastrofiche conseguenze climatiche e tutte le previsioni di un futuro tanto funesto quanto inevitabile, seppur annunciato e minuziosamente descritto. In questo testo cercheremo di considerare come, nel rapporto tra uomo e mondo vegetale, si siano avviati processi di riconfigurazione di ampie aree, quasi sempre incontrollati. Sfogliando il libro della storia, leggiamo di un incremento esponenziale: da una primordiale fase quasi armonica ed equilibrata, a profonde e irreversibili modificazioni di aree sempre più estese, nel corso di pochi segmenti temporali. Quando l’homo faber si fece costruttore di società, occupando stabilmente territori, iniziarono a delinearsi strategie di “sterminio”. Lo sgombero di aree da destinare a residenza, servizi, spazi comuni e di produzione, si rivelò impresa non facile. La Natura non si lascia scacciare, dispone di proprie capacità di resistenza, di sopravvivenza, addirittura di difesa e contrattacco. In più, rispetto ai propri avversari, ha davanti a sé tempi lunghi, lunghissimi. E sa attendere. La rimodellazione di vaste aree da parte dell’uomo nel corso del tempo ha visto evolvere tecniche sempre più efficaci di disboscamento, livellamento, scavo, soppressione chimica e fisica. Di pari passo, soprattutto in questo ultimo secolo, l’agricoltura ha iniziato a razionalizzare non solo modalità di utilizzo dei suoli, di ottimizzazione dei processi di raccolta, di manifattura, ma si è anche avvalsa di conoscenze derivanti dalla biologia applicata (OGM). Concimi chimici e antiparassitari sempre più mirati annunciano una ulteriore linea di trasformazione dei processi legati alla coltivazione. Si assiste a una graduale snaturalizzazione che renda sterile e meccanico il sistema di riproduzione (e di produzione) dei frutti della terra, di biblica memoria. Alterando irreversibilmente cicli biologici ed equilibri ambientali. Al solo scopo di completare il sintetico quadro dei processi di dominazione e di sfruttamento del mondo vegetale, si deve ricordare un’altra fonte di reddito: il legno e le sue molteplici utilizzazioni. Dalla iniziale scoperta delle proprietà fisiche che ne hanno permesso la trasformazione in utensili, energia termica, materiale per costruzione ecc., alle alterazioni morfologiche (sempre attraverso metamorfosi violente): fibre, superfici, tessuti, involucri, polveri, inerti ecc. Questo secondo fronte, il rapporto uomo-albero-legno, comporta, e comporterà, profonde alterazioni della scena naturale. Ciò che non mettiamo a mollo in un vaso, lo mettiamo sotto i denti o sotto la lama di una motosega
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