La prima stagione di politiche energetiche comunitarie ha particolarmente supportato la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso l’incentivazione economica. Questo meccanismo ha originato un terreno fertile per la diffusione di numerosi impianti sui paesaggi italiani. La costruzione di nuove filiere energetiche è stata particolarmente intensa nelle aree interne, in virtù di un capitale naturale più elevato e integro. La costruzione di un impianto genera inevitabili trasformazioni territoriali che devono essere pianificate con flessibilità e conoscenza degli aspetti e delle dinamiche locali. Questa pratica tutt’ora non è considerata né nelle politiche energetiche né nelle misure degli attori territoriali. Nelle aree interne, caratterizzate da diverse vulnerabilità, l’assenza di una pianificazione e i generosi incentivi economici hanno attirato numerosi comportamenti predatori, responsabili di insostenibili alterazioni ambientali e di tensioni sociali. Se correttamente pianificata, invece, l’introduzione di questi impianti potrebbe diventare l’occasione per virtuosi progetti di sviluppo locale. Il contributo esplora il “mini” idroelettrico partendo dall’analisi del contesto del Piave, uno dei fiumi più sfruttati d’Europa. In una prima parte verranno ricercate le criticità emerse dai conflitti locali legati alla costruzione di “mini” impianti, partendo dalla raccolta e dal confronto della letteratura “grigia” locale. La seconda parte prevede, invece, la costruzione di scenari “positivi” dove, attraverso la ricerca di buone pratiche su tutto il territorio nazionale, verranno suggerite idee progettuali, con lo scopo di ampliare gli orizzonti del dibattito e suggerire nuovi approcci verso il radicamento territoriale dell’energia.
Progettare i territori marginali della transizione energetica: alcune riflessioni su buone e cattive pratiche a partire dalle vicende del "mini" idroelettrico sul Piave
D'Angelo, Fabrizio
2021-01-01
Abstract
La prima stagione di politiche energetiche comunitarie ha particolarmente supportato la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso l’incentivazione economica. Questo meccanismo ha originato un terreno fertile per la diffusione di numerosi impianti sui paesaggi italiani. La costruzione di nuove filiere energetiche è stata particolarmente intensa nelle aree interne, in virtù di un capitale naturale più elevato e integro. La costruzione di un impianto genera inevitabili trasformazioni territoriali che devono essere pianificate con flessibilità e conoscenza degli aspetti e delle dinamiche locali. Questa pratica tutt’ora non è considerata né nelle politiche energetiche né nelle misure degli attori territoriali. Nelle aree interne, caratterizzate da diverse vulnerabilità, l’assenza di una pianificazione e i generosi incentivi economici hanno attirato numerosi comportamenti predatori, responsabili di insostenibili alterazioni ambientali e di tensioni sociali. Se correttamente pianificata, invece, l’introduzione di questi impianti potrebbe diventare l’occasione per virtuosi progetti di sviluppo locale. Il contributo esplora il “mini” idroelettrico partendo dall’analisi del contesto del Piave, uno dei fiumi più sfruttati d’Europa. In una prima parte verranno ricercate le criticità emerse dai conflitti locali legati alla costruzione di “mini” impianti, partendo dalla raccolta e dal confronto della letteratura “grigia” locale. La seconda parte prevede, invece, la costruzione di scenari “positivi” dove, attraverso la ricerca di buone pratiche su tutto il territorio nazionale, verranno suggerite idee progettuali, con lo scopo di ampliare gli orizzonti del dibattito e suggerire nuovi approcci verso il radicamento territoriale dell’energia.File | Dimensione | Formato | |
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