La transizione ecologica ci chiama a guardare al progetto di suolo dello spazio pubblico con uno sguardo diverso, che ribalti le prospettive esclusivamente antropiche di progetto. Un’infrastruttura essenziale da cui partire per un cambio di paradigma si può trovare nel patrimonio di suoli permeabili e vegetali pubblici, acquisiti in gran parte dei territori durante gli anni del miracolo economico. Soprattutto in contesti con una limitata regia nel progetto urbano, non solo le pertinenze delle dotazioni, in primis quelle scolastiche, soffrono spesso di una mancanza di qualità progettuale e manutentiva, ma anche gli spazi dedicati all’infrastruttura vegetale, risultano ritagli inutilizzati lungo strada di piani di lottizzazione, non in continuità con altri spazi aperti per diventare effettivamente fruibili, né concepiti da progettisti, amministrazione e abitanti per poter esser contaminati da specie vegetali autonome e vagabonde. Partendo da un caso di ricerca- azione a Sinnai, al margine della Città metropolitana di Cagliari, si ragiona sulle possibilità del progetto di fare spazio alle pulsioni di contaminazione da parte della collettività (umana e non), di assumere una postura di ascolto, accogliendo un grado di indeterminatezza necessaria. Ripensare il progetto urbano in termini ricettivi nei confronti di istanze inespresse, a volte già in atto, e di attori (umani e non), la cui voce rimane in sordina, potrebbe innescare un processo di immaginazione della città più inclusivo e versatile nel tempo.

Disegnare un albero. : fare spazio a contaminazioni plurali per un progetto socio-ecologico collettivo

Zucca, Valentina Rossella
2022-01-01

Abstract

La transizione ecologica ci chiama a guardare al progetto di suolo dello spazio pubblico con uno sguardo diverso, che ribalti le prospettive esclusivamente antropiche di progetto. Un’infrastruttura essenziale da cui partire per un cambio di paradigma si può trovare nel patrimonio di suoli permeabili e vegetali pubblici, acquisiti in gran parte dei territori durante gli anni del miracolo economico. Soprattutto in contesti con una limitata regia nel progetto urbano, non solo le pertinenze delle dotazioni, in primis quelle scolastiche, soffrono spesso di una mancanza di qualità progettuale e manutentiva, ma anche gli spazi dedicati all’infrastruttura vegetale, risultano ritagli inutilizzati lungo strada di piani di lottizzazione, non in continuità con altri spazi aperti per diventare effettivamente fruibili, né concepiti da progettisti, amministrazione e abitanti per poter esser contaminati da specie vegetali autonome e vagabonde. Partendo da un caso di ricerca- azione a Sinnai, al margine della Città metropolitana di Cagliari, si ragiona sulle possibilità del progetto di fare spazio alle pulsioni di contaminazione da parte della collettività (umana e non), di assumere una postura di ascolto, accogliendo un grado di indeterminatezza necessaria. Ripensare il progetto urbano in termini ricettivi nei confronti di istanze inespresse, a volte già in atto, e di attori (umani e non), la cui voce rimane in sordina, potrebbe innescare un processo di immaginazione della città più inclusivo e versatile nel tempo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/323730
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