La cultura del nostro tempo ha rimosso il concetto di limite. La morte è sempre più questione altrui, spettacolarizzazione, o tanatologia. Eppure la sua cancellazione è impossibile. Aule del commiato e case funerarie, zone neutre pensate più per minimizzare che per confortare, nell’estremo tentativo di anestetizzare il dolore della perdita, di rimuovere la morte. Architettura anestetica per una società a-mortale che deve ridurre la propria sensibilità. Mentre proprio la morte è il limite che ci umanizza. John Hejduk, a dispetto del suo tempo, rimette la morte al centro dell’opera svelandoci l’unico modo per non soccombere: celebrarla. La sua opera non dimostra nulla, celebra ogni cosa. Attraverso il dolore la sua architettura recupera la sensibilità della forma, la sua empatia.

Scandalo del limite e anestesia della forma nella società a-mortale. "Io celebro" di John Hejduk, una formula oltre la morte

Pisciella, Susanna
2021-01-01

Abstract

La cultura del nostro tempo ha rimosso il concetto di limite. La morte è sempre più questione altrui, spettacolarizzazione, o tanatologia. Eppure la sua cancellazione è impossibile. Aule del commiato e case funerarie, zone neutre pensate più per minimizzare che per confortare, nell’estremo tentativo di anestetizzare il dolore della perdita, di rimuovere la morte. Architettura anestetica per una società a-mortale che deve ridurre la propria sensibilità. Mentre proprio la morte è il limite che ci umanizza. John Hejduk, a dispetto del suo tempo, rimette la morte al centro dell’opera svelandoci l’unico modo per non soccombere: celebrarla. La sua opera non dimostra nulla, celebra ogni cosa. Attraverso il dolore la sua architettura recupera la sensibilità della forma, la sua empatia.
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