Il saggio indaga la presenza di una gestualità ferma, perché appesa al sonno, di figure dormienti: l’atto di «lasciarsi volontariamente cascare nel sonno» è una scelta di (resistenza al) movimento informata di una precisa tecnica posturale, ma riluttante a un immediato tornaconto di leggibilità. È una scelta che rigetta l’esibizione di una competenza e di uno specialismo, e consente nuove riflessioni che coinvolgono il senso dell’azione al di fuori della temporalità lineare: il ritorno del passato come memoria spettrale, la «morte dell’essere, dell’uomo produttivo» (Malevič); una vera e proria rinuncia all’onniscenza, all’onnipresenza e onnipotenza (rinuncia a Dio?). Sulla scena della danza contemporanea può capitare di vedere un danzatore che dorme, in una stasi volontaria e indifferente al circostante e al mondo tutto: come i corpi buttati sulle scale del MoMA (Maria Hassabi), avvinghiati al picco di una montagna (Helle Siljeholm), fischiettanti in un dormiveglia sonnambulo (Boris Charmatz), dormienti nel mezzo addirittura di un’aperta radura, fra cespugli e zanzare (Cristina Kristal Rizzo), oppure assopiti tra i sedili di un’auto d’epoca, in transito per uno spazio urbano (Virgilio Sieni): oggi, la danza è sonno.

Il gesto appeso. Su danza e sonno

Tomassini, Stefano
2024-01-01

Abstract

Il saggio indaga la presenza di una gestualità ferma, perché appesa al sonno, di figure dormienti: l’atto di «lasciarsi volontariamente cascare nel sonno» è una scelta di (resistenza al) movimento informata di una precisa tecnica posturale, ma riluttante a un immediato tornaconto di leggibilità. È una scelta che rigetta l’esibizione di una competenza e di uno specialismo, e consente nuove riflessioni che coinvolgono il senso dell’azione al di fuori della temporalità lineare: il ritorno del passato come memoria spettrale, la «morte dell’essere, dell’uomo produttivo» (Malevič); una vera e proria rinuncia all’onniscenza, all’onnipresenza e onnipotenza (rinuncia a Dio?). Sulla scena della danza contemporanea può capitare di vedere un danzatore che dorme, in una stasi volontaria e indifferente al circostante e al mondo tutto: come i corpi buttati sulle scale del MoMA (Maria Hassabi), avvinghiati al picco di una montagna (Helle Siljeholm), fischiettanti in un dormiveglia sonnambulo (Boris Charmatz), dormienti nel mezzo addirittura di un’aperta radura, fra cespugli e zanzare (Cristina Kristal Rizzo), oppure assopiti tra i sedili di un’auto d’epoca, in transito per uno spazio urbano (Virgilio Sieni): oggi, la danza è sonno.
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