Nel 1988 Kyong Park, direttore dello Storefront for Art and Architecture di New York, invita un eterogeneo gruppo di autori a riflettere sulle possibili strategie progettuali da mettere in campo per avviare il processo di trasformazione e risignificazione dell’area demilitarizzata sudcoreana: un esteso confine politico che divide longitudinalmente la penisola asiatica. In occasione dell’esposizione – intitolata “Project DMZ” – Lebbeus Woods realizza una serie di disegni nei quali l’architettura tramuta in movimento tettonico, o meglio, in forza geologica. Un tappeto metallico costituito dalla giustapposizione di molteplici piani definisce i corpi di una nuova orografia: una Terra Nova (Woods 1991) che trascende la dimensione puntuale del progetto per diffondere le proprie nature sopra l’intera estensione dell’area demilitarizzata. I disegni dell’architetto americano articolano un progetto che “esiste semplicemente in relazione ad uno strato geologico, sovrapposto a tutte le città del pianeta” e che, di conseguenza, “può avere come unico scopo quello di trasformare, di modificare questa materia accumulata” (Baudrillard, Nouvel 2003, p. 21). A partire dalle correlazioni che intercorrono tra architettura e geologia teorizzate da Nouvel e Woods, questo testo interpreta la miseria come vettore tellurico capace di sovrascrivere nuovi strati minerali a ridosso della superfice terrestre e individua negli insediamenti informali l’epicentro e la messa in forma di tali forze. Figurativamente e concettualmente, infatti, la città-architettura di Terra Nova sembra alludere alle distese di slums e favelas disseminate in numerose regioni del pianeta (Davis 2006); insediamenti informali con i quali condivide sia i princìpi insediativi che i problemi di misurazione e rappresentazione. La mappatura di queste conurbazioni spontanee presuppone, infatti, l’adozione di punti di vista capaci di assorbire la mutevolezza e il radicamento al suolo di questi insediamenti. D’altronde, i territori occupati dalle baraccopoli individuano terre incognite e inesplorate (Ratti 2023); superfici urbanizzate opache e in perenne mutamento, nelle quali la visione onnisciente del satellite non riesce a penetrare. Analogamente alle sezioni territoriali realizzate da Alexander von Humboldt, le mappe redatte a corredo di questo contributo interpretano la miseria nella sua dimensione ctonia e geologica; non percepibile dall’osservazione retinica del reale. Nella loro successione, le tre mappe individuano ingrandimenti progressivi, sottolineando la convergenza tra il disegno della miseria e quello del suolo.

Terre incognite. Stratigrafie della miseria

Zaupa, Davide
2025-01-01

Abstract

Nel 1988 Kyong Park, direttore dello Storefront for Art and Architecture di New York, invita un eterogeneo gruppo di autori a riflettere sulle possibili strategie progettuali da mettere in campo per avviare il processo di trasformazione e risignificazione dell’area demilitarizzata sudcoreana: un esteso confine politico che divide longitudinalmente la penisola asiatica. In occasione dell’esposizione – intitolata “Project DMZ” – Lebbeus Woods realizza una serie di disegni nei quali l’architettura tramuta in movimento tettonico, o meglio, in forza geologica. Un tappeto metallico costituito dalla giustapposizione di molteplici piani definisce i corpi di una nuova orografia: una Terra Nova (Woods 1991) che trascende la dimensione puntuale del progetto per diffondere le proprie nature sopra l’intera estensione dell’area demilitarizzata. I disegni dell’architetto americano articolano un progetto che “esiste semplicemente in relazione ad uno strato geologico, sovrapposto a tutte le città del pianeta” e che, di conseguenza, “può avere come unico scopo quello di trasformare, di modificare questa materia accumulata” (Baudrillard, Nouvel 2003, p. 21). A partire dalle correlazioni che intercorrono tra architettura e geologia teorizzate da Nouvel e Woods, questo testo interpreta la miseria come vettore tellurico capace di sovrascrivere nuovi strati minerali a ridosso della superfice terrestre e individua negli insediamenti informali l’epicentro e la messa in forma di tali forze. Figurativamente e concettualmente, infatti, la città-architettura di Terra Nova sembra alludere alle distese di slums e favelas disseminate in numerose regioni del pianeta (Davis 2006); insediamenti informali con i quali condivide sia i princìpi insediativi che i problemi di misurazione e rappresentazione. La mappatura di queste conurbazioni spontanee presuppone, infatti, l’adozione di punti di vista capaci di assorbire la mutevolezza e il radicamento al suolo di questi insediamenti. D’altronde, i territori occupati dalle baraccopoli individuano terre incognite e inesplorate (Ratti 2023); superfici urbanizzate opache e in perenne mutamento, nelle quali la visione onnisciente del satellite non riesce a penetrare. Analogamente alle sezioni territoriali realizzate da Alexander von Humboldt, le mappe redatte a corredo di questo contributo interpretano la miseria nella sua dimensione ctonia e geologica; non percepibile dall’osservazione retinica del reale. Nella loro successione, le tre mappe individuano ingrandimenti progressivi, sottolineando la convergenza tra il disegno della miseria e quello del suolo.
2025
9791222318837
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Descrizione: 2025_Sulle tracce della miseria_Terre incognite. Stratigrafie della miseria
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